lunedì 17 ottobre 2011

Valley of the dead - The truth behind Dante's Inferno (di Kim Paffenroth)



Valley of the dead (The truth behind Dante's Inferno)

di Kim Paffenroth

Permuted Press (in lingua inglese)

Disponibile in formato ebook (4.99 dollari) o paperback (11.95 dollari)

(Recensione del 29 aprile 2011)


Da un po' di tempo a questa parte la narrativa di genere, specialmente quella horror, vede il proliferare di romanzi mash-up, che mischiano elementi variegati e bizzarri, spesso rivisitando noti classici del passato in chiave fantastica. Grazie a questa moda assistiamo a un Abramo Lincoln in versione ammazzavampiri, a Orgoglio e Pregiudizio zombie, ai Promessi Morsi (ossia i Promessi Sposi coi canini da nosferatu) e a una miriade di titoli noti e meno noti di questo tipo.

Spesso e volentieri si tratta di opere furbette, che strizzano l'occhio al mercato e sfruttano appieno l'hype creato da queste bizzarri ibridi letterari. Comunque sia non me la sento di bocciare il fenomeno in questione, che quantomeno rappresenta una variante più ricca di sense of wonder rispetto ai famosi sottogeneri con cui continuano invece ad ammorbarci in Italia.

Di Kim Paffenroth ho letto un solo romanzo, il primo della sua serie Dying to Live, saga zombesca con pretese filosofiche. La sua scrittura mi è sembrata molto pulita, non trascendentale, ma lontana dalla banalità in cui può facilmente scadere una tipica trama “romeriana”.

È con non poca curiosità che mi sono quindi approcciato a questo suo romanzo, non facente parte della sopracitata saga, bensì ricundicibile alla narrativa mash-up di cui vi ho accennato a inizio articolo.

Valley of the dead (The truth behind Dante's Inferno) è un'opera curiosa, molto particolare e piuttosto interessante. Innanzitutto facciamo un distinguo: a differenza di Orgoglio e Pregiudizio zombie, Valley of the dead non è una storia riscritta inserendo elementi horror, bensì un romanzo in tutto e del tutto originale, che ha come protagonista un personaggio realmente esistito (Dante Alighieri), e la sua famosa Commedia.

Il presupposto è semplice e al contempo geniale: quale terribile esperienza può aver portato il sommo poeta a descrivere gli orrori narrati nel suo Inferno? Semplice: Dante ha assistito in prima persona a un'epidemia zombesca, repressa dalle autorità dell'epoca con tale violenza da lasciare una traccia indelebile nella memoria dei sopravvissuti.

Kim Paffenroth è un docente di storia delle religioni, e qui sfrutta tutta la sua cultura per ricostruire le probabili “vere” reazioni della gente di quel tempo di fronte a una pestilenza di non-morte. Il risultato è un romanzo cupo come i quadri di Bosch e Doré, in cui i vivi fanno spesso una figura ben peggiore dei morti viventi. La crudeltà che i sani riservano agli appestati è infatti di gran lunga più malsana rispetto alla minaccia degli zombie, che attaccano gli umani spinti solo dall'istinto animalesco.

L'autore scrive in un linguaggio più ricercato e classico rispetto ai suoi romanzi precedenti. Particolare attenzione è prestata alle descrizioni e ai dettagli. Anche le ambientazioni degli avvenimenti narrati sono tratteggiati con rara abilità, dando la progressiva sensazione di precipitare in un Ade del tutto tangibile e terreno.

Il risultato finale è eccellente: un horror filosofico e al contempo spaventoso, in cui aleggia un'atmosfera “infernale” di condanna sia per i sopravvissuti che per gli appestati.

Sicuramente consigliato.

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