lunedì 24 ottobre 2011

Graveyard of Empires (di Mark Sable e Paul Azaceta)



Graveyard of Empires

di Mark Stable e Paul Azaceta

Image Comics

4 numeri da 2.99 dollari ciascuno (in lingua originale)

(recensione inedita)



Sinossi


Afghanistan, oggi. I Marines affrontano l'infinita minaccia delle ritorsione talebane in risposta all'occupazione del territorio da parte delle truppe NATO. Ma le cose posso andare anche peggio e in maniera del tutto inaspettata. Specialmente se in tutto il paese i morti tornano dalle tombe per divorare i vivi.

I quattro numeri di Graveyard of Empires – lugubre soprannome con cui viene spesso chiamato l'Afghanistan – seguono le sorti di una compagnia di Marines assediata tanto dai ritornati quanto minacciata dai guerriglieri talebani del vicino villaggio.


Commento


Volete ancora zombie? Zombie avrete.

Questa graphic novel è stata definita un incrocio tra Dawn of the Dead e Hurt Locker. Slogan azzardato ma non poi così lontano dalla realtà. Secondo gli intenti degli autori Graveyard of Empires (d'ora in poi GoE) dovrebbe sbilanciarsi più verso il fumetto di guerra che non verso l'horror. Il primo numero non delude senz'altro questo intento, introducendo la vita quotidiana di una guarnigione statunitense presente in territorio afghano. Il quadro tracciato è piuttosto realistico, anche nel descrivere dei soldati non propriamente disciplinati, per non dire prossimi a una crisi collettiva di nervi.

Per contro anche i talebani sono tratteggiati per quello che, verosimilmente parlando, sono: guerriglieri spietati, misogini, che sostengono la loro resistenza partigiana grazie al traffico di stupefacenti.

Dal secondo episodio in poi l'epidemia zombesca esplode in tutto il paese, a quanto pare per colpa di un diserbante sperimentale testato dall'aeronautica militare della NATO. I morti risorgono – e in Afghanistan se c'è qualcosa che non manca sono i morti – e iniziano a cibarsi dei vivi, a qualunque bandiera essi appartengano.

I Marines della guarnigione in questione si trovano isolati, assediati e messi in condizione di dover collaborare con i talebani per poter sopravvivere a una minaccia più orrenda e del tutto inaspettata. Ma i guerriglieri collaboreranno con gli americani oppure aprofitteranno della situazione per uccidere gli invasori?

GoE è caratterizzato da una cura certosina per l'aspetto “bullonaro” e militaresco. Quando la situazione inizia a farsi bollente i due autori (molto valido Paul Azaceta ai disegni) mettono anche in piedi un suggestivo “tabellone” che di numero in numero mostra lo status dei Marines e dei talebani in gioco, variando da sano a ferito, morto oppure infetto.

C'è un messaggio collaterale piuttosto esplicito che serpeggia in GoE. Se quando i morti risorgono si continua a sparare si va incontro a una guerra infinita. Lo insegna anche Romero. Al contempo, se in una guerra d'occupazione si seguita ad ammazzare gli insorti il rischio è quello di farne nascere altri dieci.

Ma, al di là di questo, la graphic novel è soprattutto piacevole, seppur lineare, e ben progettata. Essendo composta da soltanto quattro numeri si ha poi la possibilità di leggere una storia autoconclusiva senza dover aspettare le solite millemila uscite mensili.

lunedì 17 ottobre 2011

Valley of the dead - The truth behind Dante's Inferno (di Kim Paffenroth)



Valley of the dead (The truth behind Dante's Inferno)

di Kim Paffenroth

Permuted Press (in lingua inglese)

Disponibile in formato ebook (4.99 dollari) o paperback (11.95 dollari)

(Recensione del 29 aprile 2011)


Da un po' di tempo a questa parte la narrativa di genere, specialmente quella horror, vede il proliferare di romanzi mash-up, che mischiano elementi variegati e bizzarri, spesso rivisitando noti classici del passato in chiave fantastica. Grazie a questa moda assistiamo a un Abramo Lincoln in versione ammazzavampiri, a Orgoglio e Pregiudizio zombie, ai Promessi Morsi (ossia i Promessi Sposi coi canini da nosferatu) e a una miriade di titoli noti e meno noti di questo tipo.

Spesso e volentieri si tratta di opere furbette, che strizzano l'occhio al mercato e sfruttano appieno l'hype creato da queste bizzarri ibridi letterari. Comunque sia non me la sento di bocciare il fenomeno in questione, che quantomeno rappresenta una variante più ricca di sense of wonder rispetto ai famosi sottogeneri con cui continuano invece ad ammorbarci in Italia.

Di Kim Paffenroth ho letto un solo romanzo, il primo della sua serie Dying to Live, saga zombesca con pretese filosofiche. La sua scrittura mi è sembrata molto pulita, non trascendentale, ma lontana dalla banalità in cui può facilmente scadere una tipica trama “romeriana”.

È con non poca curiosità che mi sono quindi approcciato a questo suo romanzo, non facente parte della sopracitata saga, bensì ricundicibile alla narrativa mash-up di cui vi ho accennato a inizio articolo.

Valley of the dead (The truth behind Dante's Inferno) è un'opera curiosa, molto particolare e piuttosto interessante. Innanzitutto facciamo un distinguo: a differenza di Orgoglio e Pregiudizio zombie, Valley of the dead non è una storia riscritta inserendo elementi horror, bensì un romanzo in tutto e del tutto originale, che ha come protagonista un personaggio realmente esistito (Dante Alighieri), e la sua famosa Commedia.

Il presupposto è semplice e al contempo geniale: quale terribile esperienza può aver portato il sommo poeta a descrivere gli orrori narrati nel suo Inferno? Semplice: Dante ha assistito in prima persona a un'epidemia zombesca, repressa dalle autorità dell'epoca con tale violenza da lasciare una traccia indelebile nella memoria dei sopravvissuti.

Kim Paffenroth è un docente di storia delle religioni, e qui sfrutta tutta la sua cultura per ricostruire le probabili “vere” reazioni della gente di quel tempo di fronte a una pestilenza di non-morte. Il risultato è un romanzo cupo come i quadri di Bosch e Doré, in cui i vivi fanno spesso una figura ben peggiore dei morti viventi. La crudeltà che i sani riservano agli appestati è infatti di gran lunga più malsana rispetto alla minaccia degli zombie, che attaccano gli umani spinti solo dall'istinto animalesco.

L'autore scrive in un linguaggio più ricercato e classico rispetto ai suoi romanzi precedenti. Particolare attenzione è prestata alle descrizioni e ai dettagli. Anche le ambientazioni degli avvenimenti narrati sono tratteggiati con rara abilità, dando la progressiva sensazione di precipitare in un Ade del tutto tangibile e terreno.

Il risultato finale è eccellente: un horror filosofico e al contempo spaventoso, in cui aleggia un'atmosfera “infernale” di condanna sia per i sopravvissuti che per gli appestati.

Sicuramente consigliato.

lunedì 10 ottobre 2011

Angelology (di Danielle Trussoni)



Angelology

di Danielle Trussoni

Editrice Nord

504 pagine, 18.60 euro

(Recensione del 15 giugno 2011)



Sinossi


Evangeline ha soltanto sette anni il giorno in cui il padre la affida alle suore del Convento di Saint Rose, vicino a New York, lasciandole come unico ricordo u ciondolo a forma di lira. Da allora il convento è stato la sua casa, il luogo dove è cresciuta, dove ha preso i voti, e dove ha fato una scoperta sconvolgente: una lettera del 1944, spedita dall’ereditiera Abigail Rockefeller alla Madre Superiora, in cui viene citata una misteriosa spedizione nella Gola del Diavolo, in Bulgaria, e il ritrovamento di un cadavere perfettamente conservato. Il cadavere di un Angelo. Per Evangeline, quella lettera è il primo tassello di una storia che affonda le sue radici nella notte dei tempi: la storia degli Angeli che hanno tradito Dio e del Male che è sceso sulla Terra con un battito d’ali; la storia dei Nefilim, e creature generate dall’unione tra gli Angeli ribelli e i mortali; la storia degli Angelologi, un gruppo di studiosi e religiosi che, da generazione, si tramandano il segreto dell’esistenza dei Nefilim e combattono contro di loro una guerra secolare. E, soprattutto, la storia di quattro strumenti di origine divina e dai poteri straordinari, quattro strumenti andati perduti c eh, adesso, Evangeline ha i compito di recuperare, prima che lo facciano i Nefilim. Perché la storia degli Angelologi è anche la sua storia, e la loro missione è la sua missione. Una missione che riscriverà il destino di Evangeline e, forse, dell’umanità intera.


Commento


Dicono che la seconda metà del 2011 sarà la stagione degli angeli. Dicono anche che rimpiazzeranno i vampiri alla melassa e i mezzi-demoni con gli occhi a cuoricino. In realtà questa stagione mi sembra già iniziata. Basta guardare i ripiani dei megastore, dove i succhiasangue innamorati se la giocano con gli angeli infiocchettati.

Non mi stancherò mai di sottolineare quanto provo ribrezzo per questi filoni narrativi. Non per un titolo in particolare, bensì per la caterva di letame prodotto a ritmi industriali solo per sfruttare un trend di mercato. Ok, gli editori (anche quelli dotati di un'elementare intelligenza) non sono enti culturali: devono fare soldi. Il punto è che li stanno facendo con la stessa mentalità delle peggiori catene di fast food.

Detto ciò, Angelology non fa parte di questa cloaca letteraria per lettori diversamente dotati di cervello. Ovviamente in Italia sarà difficile far filtrare questa non sottile differenza, ma io ci provo.

Angelology è un discreto romanzo. Ottimo nella prima parte, mediocre sul finale. In media risulta quindi godibile, dotato di un discreto potenziale, purtroppo buttato alle ortiche sul più bello, quando la Trussoni opta per una “resa dei conti” nel più scontato finale hollywoodiano.

Quel che l'autrice riesce a fare molto bene è creare una realtà molto simile alla nostra attuale (praticamente identica), ma in cui c'è una disciplina scientifica in più, l'angeologia, che è più o meno riconosciuta e accettata in tutto il mondo. Dando per scontato che gli Angeli esistono, da qualche parte lassù nei sette paradisi, ci sono dunque ricercatori e accademici che da secoli cercano di studiarne le caratteristiche, basandosi più che altro su testi antichi e su rarissimi indizi concreti del tempo in cui alcune di queste creature superiori calcavano la nostra terra. I ricercatori sono in parte legati a una branca della Chiesa mal tollerata dal Vaticano, e in parte si tratta di laici. L'angeologia è una disciplina che mischia archeologia, storia, teologia, ma anche materie inventate dall'autrice, è decisamente accattivanti: studio della musica celeste, invocazione angelica, biologia angelica, storia dei Nephilim etc etc.

Proprio i Nephilim sono i villains del romanzo. Creature mezzosangue nate quando alcuni angeli ribelli – ma non demoniaci – copularono con alcune tribù pre-diluviane, i Nephilim da secoli cercano di manipolare la storia umana, spesso riuscendoci. Vivono un'esistenza parallela, fatta di imperi economici tramandati di padre in figlio. In passato molti di loro erano infiltrati nelle potenti corti europee, per ultimi in quelle dei Tudor e degli Asburgo. I Nephilim sono malvagi secondo la nostra concezione della morale. In realtà essi badano in modo pratico e spiccio al benessere della loro stirpe, relegando noi “inferiori” al rango di una sottorazza da sfruttare e comandare.

Basterebbero giù questi elementi per imbandire una buona storia, ma la Trussoni ne mette in gioco altri.

Il primo riguarda i Vigilanti, gli angeli ribelli che copularono con gli umani poco prima del Diluvio Universale, creando la razza dei Nephilim. Così come gli angeli di Lucifero sono stati chiusi all'Inferno per la loro ribellione, i Vigilanti sono stati imprigionati in una voragine terrena impervia e (quasi) impossibile da trovare. Essendo immortali, la punizione da scontare per la loro trasgressione è la reclusione eterna. Ma gli angelologi protagonisti del romanzo sono finalmente in grado di individuare la loro prigione, e desiderano vedere di persona i Vigilanti.

Il secondo elemento è forse quello che più stona, e si tratta della Lira di Orfeo (originariamente appartenuta all'arcangelo Gabriele), un artefatto di immensa potenza, in grado di cambiare l'essenza stessa del Creato, se suonato secondo certi schemi musicali.

Non starò a dirvi come questa moltitudine di fattori incidono nel quadro generale. Vi basti sapere che l'insieme è piuttosto buono, il piatto abbondante, lo scenario ben tratteggiato e ricco di quell'infodump positivo di cui io vado matto (alla faccia dei talebani dei manuali di scrittura e bla, bla bla).

La Trussoni scrive bene, con delicatezza e in modo corposo, pieno. Leggendo Angelology si ha la piacevole sensazione di avere a che fare con un progetto studiato a fondo, pieno di quei dettagli che rendono un romanzo godibile anche al di là dei momenti di down della trama. Ed è proprio qui, nella trama, che l'autrice perde colpi. Non sempre, non in modo eclatante, ma li perde. Come già accennato è soprattutto sul finale che il libro non si dimostra all'altezza di quanto costruito nelle 400 pagine precedenti.

A ogni modo Angelology è un romanzo assolutamente superiore alla media del sottogenere. Anzi, azzardo nel dire che non può essere in alcun modo paragonato a certa narrativa-spazzatura fatta di romanticherie da libercolo rosa da edicola.

Se amata i thriller esoterici, la fantarcheologia e l'urban fantasy dovrebbe piacervi.

lunedì 3 ottobre 2011

Persuasori di morte (di Roberta Borsani)



Persuasori di morte

di Roberta Borsani

OGE editore

208 pagine, 15 euro




Sinossi


Dalla palude nella sonnolenta provincia piemontese riemerge il cadavere di una ragazza uccisa con un colpo d'arma da fuoco. Si tratta di Fiammetta Uslenghi, un'anima solitaria e con qualche problema depressivo, che viveva un ambiguo rapporto con un giovane e discusso prete “di strada”, Don Gabrio, e con la sorella di quest'ultimo, Miriam, donna dal passato tormentato.

Tutti gli indizi portano il commissario Realis, incaricato del caso, a sospettare proprio del prete. Solo che gli indizi sono fin troppi e troppo palesi. Realis, uomo non abituato a fermarsi alle apparenze, decide di allargare il campo delle indagini e scopre una realtà tanto assurda quanto inquietante.

Nella placida cittadina in cui vive e lavora esiste una sorta di “circolo esoterico”, in cui persone potenti e perverse organizzano dei complicati giochi il cui fine ultimo è quello di indurre il malcapitato al suicidio per disperazione. È così che emerge una realtà parallela, che getta nuova luce non solo sulla morte di Fiammetta Uslenghi, ma anche su alcuni fatti di cronaca del recente passato, che a questo punto vanno visti da ben altra prospettiva.


Commento


È il secondo libro di Roberta Borsani che mi capita di leggere. Posso confermare le buone impressioni e segnalare l'autrice come una delle poche voci femminili italiane – non voletemente, eh – in grado di entrare con entrambi i piedi nelle mie preferenze.

Persuasori di morte non è un romanzo perfetto, anzi, gli si possono imputare diversi difetti strutturali, come per esempio un finale un po' troppo breve, se rapportato con la costruzione dell'indagine affrontata nel resto del libro. Tuttavia è una storia che affascina, sia per quel che concerne la trama, che per come la Borsani l'affronta. Svincolandosi dai soliti, legnosi gialli che prevedono un commissario, un colpevole misterioso e un'elaborata indagine, l'autrice mette le carte in tavola piuttosto alla svelta, senza nemmeno nascondere troppo le identità mascherate dei membri della setta dei Persuasori di morte. Il resto viene giocato sui sentimenti umani e sul confronto psicologico tra un uomo giusto, Don Gabrio, messo alle strette per motivi più che futili, ossia come preda di un gioco perverso.

L'autrice utilizza quello che sembrerebbe un cliché – la camarilla di potenti ricchi e annoiati, con membri influenti nella società civile “che conta” – ma le differenze balzano all'occhio ben presto. Buona parte dei Persuasori di morte sono solo borghesi amorali, annoiati e nemmeno poi tanto intelligenti. Commettono errori grossolani e, almeno per quel che concerne un paio di loro, non sono nemmeno propriamente malvagi, quanto piuttosto viziosi e vuoti. Oppure, come accade per l'Abate, la loro psicologia deviata è il risultato di un qualche trauma subito in precedenza, qualcosa che gli ha tolto la fede, l'amore per il prossimo e la fiducia nella giustizia.

Solo il capo della setta, il Principe, svetta come geniale villain dall'intelligenza sublime. Solo di lui non si conosce l'identità (e la puzza di zolfo in un paio di occasioni è piuttosto forte). Solo lui interpreta il gioco come un enigma filosofico al di là dei concetti mortali di bene e male, di giusto e ingiusto.

Il protagonista, Realis, è un commissario con tanti, troppi cliché di visto, rivisto e riproposto. Malinconico, riflessivo, acuto, con collaboratori più buffi che non efficienti, guardato con un certo fastidio per i metodi poco burocratici. Non è antipatico o mal tratteggiato, anzi, è molto umano e con una buona costruzione psicologica alle spalle. Ma è troppo stereotipato. A questo punto funziona assai meglio Don Gabrio, o ancor più il misterioso e mellifluo Principe. Ma i migliori personaggi del romanzo sono i comprimari della setta dei Persuasori, coi loro difetti e con dei profili per nulla scontati o banali.

In sostanza Persuasori di morte è un buon romanzo. Poteva essere ottimo con un po' di “polpa” in più nei punti giusti, ma la strada percorsa da Roberta Borsani è quella giusta. Un'autrice che terrò senz'altro d'occhio. Magari fatelo anche voi.