lunedì 22 agosto 2011

Il 36° Giusto (di Claudio Vergnani)




Il 36° Giusto


Di Claudio Vergnani


Gargoyle editore


536 pagine, 16 euro


(Recensione del 30/08/2010)




Sinossi


Pensavamo di aver smesso di uccidere i vampiri, ma abbiamo ricominciato a farlo. Ora che e' accaduto quel che e' accaduto, e' quasi un mestiere.

Non devi piu' nasconderti per cacciarli.

Sono reietti, emarginati, abbandonati dai loro stessi Maestri.

Le retrovie di un esercito allo sbando.

Non c’e' posto per loro. Ma nemmeno per noi. E la loro presenza giustifica in qualche modo la nostra.

La loro mancanza di un futuro si intreccia con la consapevolezza della nostra quotidianita' di speranza, e le loro azioni prive di un fine si sovrappongono al nostro gesticolare che e' ormai soltanto uno stanco, sfiduciato reagire senz’anima.

Loro e noi. I vampiri e i cacciatori.

Una battaglia senza onore né gloria tra disperati, dove in mezzo stanno le prede innocenti. E forse c’e' piu' colpa in noi, che possiamo scegliere, che in loro, schiavi di una sete che non possono spegnere.

Loro sono assassini nati, noi l’estrema difesa, sempre sull’orlo dello sfascio. Ma in qualche modo ambiguo e discorde, nell’inconsapevolezza innocente dei semplici, siamo anche il fioco brillare di una speranza di un imprevedibile, brevissimo, insperato momento di giustizia.

(Quarta di copertina)


Commento


So che qualcuno di voi reputa ipocrita recensire alcuni autori italiani e altri no. Io, semplicemente, me ne frego e lo faccio solo quanto lo ritengo opportuno.

Claudio Vergnani è uno scrittore. Che sia italiano, inglese, lituano o vietnamita è un dettaglio marginale. Scrive bene, ha fantasia, proprietà di linguaggio e duttilità. Lo reputo, senza giri di parole, una delle migliori new entry dell'ultimo decennio.

Voi tutti sapete quanto ho adorato il suo romanzo d'esordio, Il 18° vampiro. Leggere il suo seguito è stata un'esperienza altrettanto gratificante, seppure diversa. E in questo c'è anche il mio rinnovato interesse per Claudio: sarebbe stato semplice ricalcare il suo primo romanzo, un successo a tutti gli effetti, effettuando solo qualche piccolo cambiamento. Forse sarebbe stato anche più semplice: i lettori-fan vogliono continuità, non dinamismo. Mi perdoneranno, ma è così.

Vergnani ha invece preso una saccocciata di coraggio è ha impostato Il 36° giusto in modo alquanto diverso, pur seguendo il senso di stretta continuità cronologica del libro d'esordio. È così che ritroviamo buona parte dei vecchi protagonisti, in primis Vergy e Claudio, calati però in un contesto diverso, che sorprende, spiazza e affascina.

Il 36° giusto è innanzitutto strutturato in tre-quattro parti strettamente legate l'un l'altra, eppure a sé stanti. Come se fossero dei racconti – meglio ancora delle novel – autoconclusivi eppure concatenati da un filo d'Arianna non invasivo, ma vincolante. Ciò permette di usufruire del libro, se questo è il termine giusto, come meglio preferite. Potete leggerlo tutto d'un fiato, oppure leggerne una parte, fare una pausa e poi tornarci a bomba.

Di solito non commento la struttura dei romanzi ma in questo caso mi pareva giusto farlo. Beh... l'ho fatto. Andiamo oltre.

Il contesto in cui Claudio ci porta lo si può dedurre dalla (non)sinossi di inizio articolo. I vampiri che alla fine del primo libro hanno compiuto una discreta strage nel modenese si sono ritirati nei loro rifugi, lasciandosi dietro solo i più stupidi e gli inetti, creature più simili a zombie romeriani che non ai fascinosi non morti di Anne Rice. Gli umani, e le autorità con loro, hanno fatto però in fretta ad accettare la nuova realtà. I vampiri esistono davvero? Okay, ne prendiamo atto. Spazziamoli via, prima che decidano di ciucciarci come Calippi. A dire il vero questi mostri reietti e derelitti non sono nemmeno difficili da (ri)ammazzare, non con la luce del giorno. Ed è così che Vergy e Claudio, i due antieroi più antieroi della storia dell'horror, trovano un nuovo lavoro - alle dipendenze! -, gli ammazzavampiri a cottimo.

Avete presente Van Helsing? Ecco: dimenticatevelo. Non ha NULLA da spartire coi protagonisti di questo romanzo. In primis perché i nostri sono dei disperati, dei nullatenenti, disillusi dalla vita e spinti solo dalla necessità di far qualcosa, non dall'etica o dalla morale. Almeno in apparenza. In secondo luogo perché ammazzare vampiri non ha davvero nulla di romantico. Vuol dire affondare i gomiti nel sangue, nella merda, strappare teste e far saltare carcasse ambulanti.

Ed è questo che Vergy, Claudio (ma poi anche Gabriele e altre ottime new entry) fanno per buona parte del romanzo. Manca forse un intreccio thrilleristico, che faceva da struttura portante de Il 18°vampiro. Eppure, leggendo tra le righe, si capisce che l'autore utilizza questo seguito per costruirne una più solida e complessa che, prendetela come un'anticipazione in anteprima, andrà a formare il terzo e ultimo capitolo della saga.

Vergnani dà il meglio di sé nei dialoghi, spassosi, crudi, divertentissimi e al contempo spietati. Ricordo a fatica un altro autore che riesce a ricamare con raffinatezza delle conversazione dense di torpiloqui, insulti e parolacce. Per me questa è arte, non si discute. Al contempo, quando si deve calcare la mano sull'aspetto horror, l'autore lo fa in modo brutale, rischiando più volte di causare nausea e brividi ai lettori. Metteteci infine, ma non per importanza, alcune considerazioni serissime sulla vita e sulla nostra “bella” società, disseminate con sapienza qua e là, senza mai apparire demagogiche o moralistiche, e quel che ne ricaverete è un romanzo imprescindibile, se volete parlare, discure e dibattere sul futuro della narrativa di genere in questo sfigatissimo paese.


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