venerdì 29 luglio 2011

L'uomo di Innichen (di Dario Camilotto)



L'uomo di Innichen

di Dario Camillotto

Mursia editore

442 pagine, 18 euro

(Recensione del 15/10/2010)



Sinossi


La notte in cui Roby è stato falciato da un pirata della strada per Dan sono morte le speranze di poter diventare, un giorno, un bravo padre. Tutto finito, sepolto insieme alla piccola bara bianca. A lui restano solo i sensi di colpa, la disperazione e il bisogno di sapere chi è stato a portargli via quella fragile vita. Un bisogno che lo porterà a inseguire una traccia quasi invisibile e, passo dopo passo, lo precipiterà nell'orrore di un abisso mentale sepolto in un passato torbido e tremendo. Una storia in cui le colpe dei padri ricadono, senza pietà, sui figli.


Commento


Di Dario Camillotto avevo letto un solo libro, Il manipolatore di sogni, interessante thriller soprannaturale, un'opera prima che tra l'altro potete trovare proprio in questi giorni in edizione superpocket a meno di sette euro. È un romanzo primo molto interessante, un po' acerbo ma sicuramente buono.

Da allora Camillotto si è preso circa cinque anni per lavorare al nuovo romanzo, il presente L'uomo di Innichen. Un lasso di tempo non indifferente, in un mondo, l'editoria, in cui i ritmi sono sempre più veloci e i ricambi velocissimi. Sono pochi i romanzi che superano i sei mesi di vita in libreria, tanto per dirne una. A ogni modo per Camillotto è stato tempo speso bene. Sì, perché il romanzo che vi presento oggi è davvero molto buono. Questa volta siamo più dalle parti del thriller puro, anche se non mancano delle incursioni rapide e incisive nel campo del soprannaturale (una sensitiva, un fantasma che compare nei sogni del protagonista, poco altro).

L'uomo di Innichen ha più di un debito nei confronti del film Duel, ma si sviluppa sul frangente di una sofferta caccia a un serial killer “invisibile” da parte di un padre che ha appena perso il figlio, travolto da un camion assassino. L'autore è bravissimo a ricreare l'atmosfera di perdita, di sofferenza, lavorando di fino sulla psicologia di Dan (Daniele), il protagonista principale del libro. Allo stesso modo cesella ottimamente anche i tratti del villain, il camionista assassino Olaf. È impossibile provare simpatia per lui, ma in qualche modo, attraverso un prologo assai azzeccato, si intuisce la genesi del suo animo nero.

Una scrittura molto documentata ma assai scorrevole e lineare facilitano la lettura e l'immedesimazione con fatti e personaggi. Di Camillotto apprezzo molto lo stile fresco e chiaro. Non è, per intenderci, il tipo che utilizerebbe una pagina per descrivere un tramonto. Se la caverebbe con due righe, e quel tramonto sarebbe compresibile e visualizzato negli occhi di tutti. Questo non vuol dire che è un autore banale, anzi. Solo che sa dove è lecito arrivare, senza scadere poi nello sterile esercizio di stile.

La storia, su cui non si può rivelare troppo, è avvincente e di buon livello. Un piccolo difetto è il ricorso a un po' troppe coincidenze per risolvere le indagini private di Dan. Chiamarle Deus ex machina è troppo, ma nel loro piccolo lo sono. Certo, si potrebbe parlare anche della forza del destino, per chi ci crede, ma a volte alcuni passaggi paiono forzati.

Detto questo L'uomo di Innichen è un tipico “voltapagine”, senza volerlo essere. La solida ambientazione italiana, tra il novarese e Bressanone, è un punto a favore del libro. Un grande punto a favore. Sarò ripetitivo e noioso, ma lo dico ancora: che bello non vedere il solito scrittore italiano che cerca di arruffianarsi i lettori descrivendo una New York piatta e stereotipata.

Di questo libro non rimane solo la parte thriller, ma anche qualcosa di più. Perché Camillotto ha almeno tentato di metterci l'anima. È spesso ci è anche riuscito. Vi pare poco?

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