lunedì 15 aprile 2013

Marvel zombies destroy (di P. David, F. Marraffino e M. Pierfederici)



Marvel zombies destroy

di P. David, F. Marraffino e M. Pierfederici

Panini Comics editore

128 pagine, 12 euro








Sinossi

Un manipolo di eroi per proteggere il nostro universo dalla minaccia dei Nazi-Zombi! Un’allucinante saga MZ di Peter David, Frank Marraffino e Mirco Pierfederici con: il durissimo Dum Dum Dugan, l’implacabile Howard il Papero e i loro intrepidi commilitoni della Brigata Papera. Contro: i supereroi di innumerevoli universi paralleli trasformati in zombi ghiotti di carne viva… e, per giunta, nazisti!

Commento

Minisaga autoconclusiva, da me letta in lingua originale (in formato eComics) qualche tempo fa, che Panini propone ora anche per il nostro mercato, sfruttando l'ottimo seguito del filone Marvel Zombies, il quale coniuga supereroi e zombie.
A dire il vero l'universo dei MZ soffre da un po' di tempo di un certo senso di stanchezza e di mancanza di idee innovative. Difetti che hanno tolto brio e freschezza alle ultime uscite. Laddove le prime due saghe sono ricchissime di colpi di genio e di trovate memorabili, quelle più recenti sembrano ritagliate per il solo pubblico dei fanatici Marvel, gli unici che possono apprezzare il gran numero di personaggi secondari (e non memorabili) tirati in ballo.

Marvel zombies destroy segue in parte questa politica del recupero di supereroi di secondo piano (avendo speso tutti quelli arcinoti nelle prime saghe di MZ, la scelta pare quasi obbligata), ma finalmente si affida a una storia talmente folle e pulp che riesce nell'intento di divertire e intrattenere.
Il plot di MZD è tutto sommato semplice: in un mondo ucronico parallelo al Marvelverso i nazisti hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale trasformandosi in zombie, e ora dominano il pianeta, dando la caccia ai pochi umani e superumani ancora in vita. Ciò che però preoccupa l'ARMOR - l'intelligence gemella dello SHIELD, che si occupa di prevenire crimini extradimensionali - è che questi nazisti "del mondo accanto" stanno preparando un'astronave da guerra in grado di viaggiare tra le realtà parallele, con l'intento di lanciarsi alla conquista di dimensioni ancora ricche di vita e di... cibo.

L'ARMOR mette quindi insieme una squadra da spedire nel mondo nazizombie, con l'intento di distruggere questa nave da guerra e di impedire l'invasione.
La squadra è quantomeno singolare: alla sua guida c'è Dum-Dum Dugan, già commando agli ordini di Nick Fury. Il suo secondo è nientemeno che Howard il Papero (per chi non lo sapesse: sì Howard è un personaggio Marvel, ed è lo stesso del famoso film degli anni '80!). Insieme a loro ci sono dodici supereroi assai poco noti, ma decisamente bizzarri: da Blazing Skull a Eternal Brain, da Flexo a Taxy Taylor. Se volete farvi un'idea, qui trovate una pagina con tutti i membri della "sporca dozzina".

La storia dà quel che promette, con il solo difetto di essere piuttosto sbrigativa in più di un passaggio. Tuttavia, se volete trascorrere qualche ora in compagnia di un fumetto spassoso e disimpegnato, Marvel zombies destroy è una lettura consigliata.

lunedì 8 aprile 2013

Take the long way home (di Brian Keene)


Take the long way home

di Brian Keene

Deadlite Press

104 pagine, 7.99 $ (Kindle edition) oppure 7.95 $ (paperback)

In lingua inglese







Sinossi

In tutto il mondo moltissime persone scompaiono all'improvviso, in un battito di ciglia.Scompaiono mentre sono alla guida delle loro auto. Mentre fanno la spesa al centro commerciale. Dalle loro case. Dai loro letti. Dalle braccia dei loro compagni.
Scompaiono persone comuni, leader politici, cantanti, piloti di aerei. Vecchi, bambini, donne e uomini.
Steve, Charlie e Frank stanno tornando a casa quando tutto ciò accade. Alcuni loro colleghi sono svaniti insieme agli altri, mentre loro tre no, e non sanno ancora quale sorte è toccata ai parenti che li attendono a casa. Tutto ciò che possono fare è mettersi in marcia e scoprirlo. Nel mentre la civiltà attorno a loro crolla a ritmi vertiginosi. Le autorità, dimezzate negli effettivi, non riescono a porre rimedio ai molteplici incidenti occorsi nel momento della “cattura”. Non solo il mondo si trova ad affrontare un'emergenza senza precedenti, coloro che sono stati lasciati indietro hanno anche una domanda a cui trovare risposta: dove sono finite le persone svanite nel nulla? Sono state rapite dagli alieni? Oppure si tratta della rapture, la chiamata di Dio ai suoi servi più puri e fedeli?

Commento

In primis vi devo mettere in guardia. Questo libricino di sole 104 pagine si legge nel giro di due/tre ore. Il rapporto quantità/prezzo non è affatto favorevole, nemmeno in formato ebook. In pratica Take the long way home non può essere definito un romanzo, bensì un novelette, un racconto lungo.

Altra notizia che può spiazzare qualcuno: Keene affronta questa storia pescando nella mitopeica dei reborn christians, e in particolare nella rapture, la cattura celeste che, in anticipo di qualche anno rispetto alla fine del mondo, convocherà tutti i credenti più puri in paradiso, lasciando tutti gli altri a patire l'interregno dell'Anticristo, a cui seguirà poi la seconda venuta di Gesù.

Tempo fa ho dedicato un dossier sulla ricca – in termini prettamente monetari – narrativa americana che si rifà alla dottrina dei cristiani rinati e dei neocon. Lo trovate qui. Si tratta di saghe a metà tra la fantascienza e l'horror, ma in cui la distinzione tra buoni e malvagi è sempre nettissima.

Fa un po' strano vedere Brian Keene che si cimenta con un argomento così spinoso. Per fortuna si tiene lontano dalle banali estremizzazioni di autori fanatici come il reverendo LaHaye, un tizio che coi suoi romanzi escatologici ha venduto più di tal Stephen King.
Dall'impostazione medesima di Take the long way home si vede che Keene non ha intenzione di battere sul fanatismo religioso. I tre protagonisti della novel sono rispettivamente un ebreo, un gay e un ateo di origini polacche. Anche se la storia prende effettivamente il risvolto religioso/soprannaturale, non c'è alcun compiacimento nel descrivere una giustizia divina selettiva ed eugenetica che, un bel giorno, salverà i timorati del Signore e lascerà gli altri a scannarsi come bestie tra le rovine della civiltà.

In questa novel la rapture è un fatto concreto e inspiegabile in termini scientifici, eppure la mente del lettore non è mai violentata per meri scopi di proselitismo.
Per il resto Keene sguazza nel suo ambiente naturale, l'horror apocalittico. Genere in cui ha davvero pochi uguali nell'immaginare il crollo della civiltà e le bassezze umane che ne derivano in modo violento e virale. In Take the long way home non ci sono zombie, vampiri o guerre nucleari. Ciò che avviene è causa di un evento inspiegabile e “divino”, ma quel che ne consegue – violenze, stupri, saccheggi, brigantaggio – è innegabilmente opera della natura umana.

Non è una storia imperdibile, non è il miglior Keene. Tuttavia è un ulteriore ottimo esempio di come si può gestire uno scenario catastrofista partendo dal basso, e con gli occhi di persone comuni, non di eroi o di scienziati.
Al solito l'inglese di mr. Keene è di una fluidità impressionante, comprensibilissimo anche per chi ha una conoscenza poco più che scolastica di questa lingua. Ciò che impressiona dell'autore è proprio la maestria con cui costruisce trama e dialoghi. Se a una prima, banale occhiata può sembrare una scrittura semplice, ci si accorge presto che si tratta di ben altro: fluidità e occhio “cinematografico” di azioni e situazioni.

(Da un mio articolo del 13 luglio 2011)

domenica 24 marzo 2013

Spazio 1669 (di Alessandro Forlani)


Spazio 1669

di Alessandro Forlani

Ebook autoprodotto

Racconto gratuito, disponibile in formato digitale









Sinossi

Misteriose morti, segrete ottave dell'Ariosto, alchimia di alto profilo, mirabili progetti della casa d'Este e un ignaro valletto immerso in una storia che va molto oltre la sua comprensione. Questi sono gli ingredienti di Spazio 1669, opera disponibile per la lettura in versione completa, un racconto di fantascienza baroquepunk dello scrittore Alessandro Forlani, recente del premio Urania di Mondadori 2012.
Il sottogenere del baroquepunk ci catapulta in un XVII secolo dominato da atmosfere avventurose e misteriose allo stesso tempo, usando i grandi regni in espansione e i piccoli ducati del periodo come sfondo di ambientazioni dall'appeal storico e fantastico di eccezionale livello.

Commento

Alessandro Forlani è uno scrittore unico nel panorama italiano.
Colto, raffinato, storico preparatissimo, non esita piegare il suo sapere per scrivere ottimi racconti del fantastico, esplorando soprattutto quei sottogeneri di cui moltissimi parlano (quasi sempre a sproposito) senza però ma spingersi all'atto pratico del ricavarne qualcosa.
Oltre ad aver più volte affrontato lo steampunk, la fantascienza ibridata di horror (vedi I Senza-Tempo, romanzo vincitore del Premio Urania), Forlani si è anche cimentato nel curioso e particolare filone del baroquepunk, termine più suggestivo da pronunciare che non pratico da adottare come punto di riferimento creativo.
L'autore di Spazio 1669 invece lo fa in modo sublime, regalandoci un racconto elegante, piacevole e ricco di quel sense of wonder che - di nuovo - viene più spesso discusso che non utilizzato con sapienza.

La novelette è ambientata in periodo barocco (l'anno è facilmente deducibile dal titolo), ma in contesto alternativo. La concezione dello spazio non è galileiana, bensì tolemaica, con la Terra al centro del cosmo e gli altri pianeti, Sole e Luna compresi, che girano attorno a essa.
Attorno a questo coraggioso spunto ucronico iniziale si sviluppa la trama del racconto, incentrata sulla corsa allo spazio da parte di due potenze economiche e politiche dell'epoca, la Francia del Re Sole e i Duchi d'Este, signori di Modena e Reggio.
Mentre i francesi si apprestano a varare la prima uranonave per conquistare la Luna, gli estensi ordiscono un piano per bloccare la loro rincorsa allo spazio. Il piano degli italiani sembra girare su un messaggio segreto celato nella pagine de L'Orlando Furioso.

Impossibile rivelare altro, per non rivelarvi la sorpresa.
Il mio giudizio globale è molto alto, soprattutto per il raffinato stile narrativo di Forlani, ma anche per la sua fervida immaginazione, capace di tratteggiare un mondo baroquepunk che finalmente riesce a dare un significato a questo termine finora soltanto pretenzioso.

sabato 16 marzo 2013

L'Ora più Buia (di Claudio Vergnani)



L'ora più buia

di Claudio Vergnani

Gargoyle editore

16 euro, 504 pagine

(da un mio articolo dell'8/10/2011)






Sinossi

Dopo le avventure narrate ne Il 36° Giusto, Claudio, Vergy e i loro amici lasciano Parigi e ritrovano una Modena quasi tornata alla normalità, i pochi vampiri rimasti in circolazione nascosti nelle fogne e negli edifici abbandonati delle periferie più degradate. Stanchi, depressi decidono di riempire il vuoto delle loro esistenze dedicandosi alla ricerca di Alicia, nella folle e disperata speranza che questa possa essere ancora viva. Claudio e Vergy iniziano così delle indagini che, ben presto, si riveleranno un’autentica discesa negli inferi che li porterà a confrontarsi non solo con un inquietante e antico Maestro ma, anche e soprattutto, con le loro paure di uomini rassegnati al proprio destino, fino a un incontro con la morte che si consumerà nel più tetro e freddo dei luoghi, nell’ora più buia quando, per citare l’Amleto di Shakespeare, “i cimiteri sbadigliano e l’inferno soffia il contagio su questo mondo”.

Commento

Era da tantissimo tempo che non chiudevo un libro rischiando di versare qualche lacrima di commozione (e di tristezza, voltando l'ultima pagina). Così tanti anni sono trascorsi che quasi non ricordo quando è stata la volta precedente. Probabilmente con la saga di Hyperion di Dan Simmons, se la memoria non m'inganna.
Questa volta è toccato invece a Claudio Vergnani e alla sua meravigliosa trilogia sui vampiri modenesi.
 
L'ora più buia è il capitolo conclusivo della saga. In questi anni vi ho parlato spesso di essa. Ribadisco dunque soltanto pochi concetti, per chi si trovasse a leggere questa recensione senza ancora conoscere il mondo narrativo di Claudio Vergnani.
Stiamo parlando di vampiri e ammazzavampiri, ma entrambe le categorie sono antitetiche a libri sui nosferatu letterari (possibilmente adolescenti, belli e dannati) che vanno di moda da una decina d'anni a questa parte. I vampiri di Vergnani sono creature avide, malvagie, crudeli, spesso anche stupide, qualcosa di simile agli zombie, ma decisamente più arcigni e difficili da sconfiggere.
Gli eroi della saga, nonché nemesi dei non-morti, sono a loro volta molto fallibili, sbandati se non addirittura disperati, senza particolari risorse, organizzazione o doti morali (almeno apparentemente). Ed è questo che me li ha fatti amare fin dal primo libro.

L'immedesimazione non è mai necessaria, ma l'empatia sì. Affezionarsi ai personaggi di un libro è essenziale per renderli più vivi ai nostri occhi di lettori. E se essi sono vivi, noi soffriamo, gioiamo e ci divertiamo con loro. Cosa che, per dirla tutta, capita raramente. Cosa che, aggiungo io, Claudio Vergnani sa fare con una naturalezza che ha del sublime.
Sarà forse perché nei due protagonisiti principali, Vergy e Claudio (appunto), c'è un humus autobiografico che rende tutto più realistico, più tangibile.
Staccarsi da loro, perché questo è l'ultimo libro della saga, è stato difficile. Molto.

Venendo a un'analisi più classica de L'ora più buia, va detto che il romanzo recupera lo stile più classico del primo volume, differenziandosi dal capitolo di mezzo (Il 36° giusto), che è frammentato a episodi. Solo considerando la trilogia completa comprendiamo il quadro generale, e gli aggancia da un libro all'altro.
Siamo alle rese dei conti, al confronto con un maestro vampiro che proprio di Modena ha fatto la sua casa secolare. Qualcuno di più subdolo, di più antico e malato rispetto al già temibile Grimjack, sconfitto dai nostri antieroi nel primo libro.
Le vicende si svolgono nel nostro presente, in cui l'esistenza dei vampiri è venuta alla luce, pur non cambiando di molto le cose e gli equilibri. L'umanità preferisce continuare nella sua squallida esistenza di sempre, badando soltanto che i non morti, specialmente quelli più deboli e insani, se ne stiano relegati nei ghetti, a dare la caccia a mendicanti, immigrati e tossici.
Le vicende portano gli ammazzavampiri capitanati da Claudio a esplorare i vecchi palazzi di Modena, i suoi sotterranei, le campagne circostanti in cui gli sgherri dell'arcivampiro Ruthwen organizzano rave party a base di mattatoi e mattanze.
Da metà libro in poi l'atmosfera si scalda, molti nodi cominciano a venire al pettine. I nostri eroi dovranno dapprima affrontare la disperata solitudine delle loro vite (che poi è quella un po' di tutti), prima di avviarsi verso il gran finale.
Già, il gran finale, su cui non voglio rivelare nessun dettaglio, per non rovinare la sorpresa. Vi dirò soltanto che è grandioso e tragico, poetico e meschino. In una parola: perfetto.
Se il difetto di molte saghe è quello di concludersi in maniera indegna, beh, in questo caso il rischio è del tutto scansato. Semmai arriverete all'ultima pagina come me: un po' commossi e decisamente emozionati.

Il bello della scrittura di Claudio Vergnani è che essa parla di grandi cose, di sentimenti, di solitudine, di bassezze umane, di atti di incredibile coraggio. La cosa stupefacente è che riesce a farlo senza risultare mai demagogico, nemmeno in un paragrafo, nemmeno in un dialogo. Turpiloquio e parolacce, scambi sagaci di battute, personaggi improbabili disseminati qua e là (nani di colore, ninfomani, master di giochi di ruolo, vampiri impazziti, vampiri che non si rendono conto di esserlo): tutto serve a rendere piacevole la lettura, ma anche a raccontare la storia di uomini travolti, come spesso accade, da destini più grandi di loro.

Se volessi fare il recensore impegnato direi che sotto la patina divertentissima della caccia al vampiro, L'ora più buia (e i romanzi che la precedono) parla di grandezze e piccolezze di cui è capace l'essere umano, di solitudine e di coraggio, di vizi e di virtù.
Se poi volessi essere ancora più pedante suggerirei che i vampiri stessi non sono altro che uno stratagemma, una scusa per narrare una storia molto più profonda, umana e toccante. Eppure anche spassosa.
Sinceramente non saprei cosa chiedere di più a dei libri.
Quindi questa recensione, molto accorata e molto sentita, si conclude con un grazie all'autore e un complimento alla Gargoyle, che ha puntato su lui in maniera tanto netta e decisa.

venerdì 1 marzo 2013

L'Ultimo Papa (di Michael Travis)


L'Ultimo Papa

di Michael Travis

Edizioni Piemme

388 pagine, 19.50 euro









Sinossi

Con il prossimo papa, tra molte tribolazioni, Santa Romana Chiesa cesserà di esistere. Questo dice la cosiddetta "profezia dei papi" del vescovo medievale Malachia, che ha predetto con inquietante precisione la successione di tutti i pontefici della storia, fino all'ultimo. Il giornalista tedesco Konrad Polidori non ha mai sentito parlare di Malachia quando arriva a Ischia per seguire un convegno di alchimisti. Deve scrivere un articolo sull'intervento di un famoso egittologo ed esoterista, Albert Kurzweil, che ha promesso sconvolgenti rivelazioni. Rivelazioni che non arriveranno mai, perché l'uomo viene barbaramente ucciso alla vigilia del suo discorso. È proprio Polidori a trovare il cadavere, e a imbattersi nel taccuino del professore, che contiene molto più di quel che sembra. Kurzweil sapeva che la sua vita era in pericolo, per questo aveva disseminato i suoi appunti di messaggi in codice che Polidori, grande esperto di enigmistica, riesce a decifrare. Insieme a Chiara, la fotografa che collabora con lui, Konrad si imbatte così nel segreto meglio custodito dal Vaticano, un segreto che attraversa i secoli e che unisce l'antico Libro dei morti, la misteriosa Cappella Sansevero a Napoli e l'Inquisizione. E, soprattutto, il vescovo Malachia. La sua profezia sta per compiersi, la fine dei giorni si avvicina. E c'è chi è disposto a tutto per evitarlo. (fonte: IBS)

Commento

Dalla quarta di copertina si evince che questo è il primo romanzo dello statunitense Michael Travis, professore di lettere e appassionato di esoterismo. Non deve essere stato difficile trovare un editore, presentando questo libro con vaghi richiami a Dan Brown, e scritto con ottimo sfoggio di erudizione e buon mestiere.
L'ambientazione italiana sembra oramai tra le preferite degli scrittori anglosassoni (vedi nota post-recensione); questa volta siamo nell'insolita cornice di Napoli e dintorni, che sostituisce la più inflazionata Roma. L'intreccio di Travis è ricco di collegamente tra storia antica e moderna, esoterismo, alchimia e anche misticismo nazista. In alcuni punti occorre essere ferrati in materia, per non rischiare di andare in palla. Ci sono interi capitoli che sono tanto ricchi di "infodump" da risultare quasi dei piccoli saggi. A dispetto di quanto sostengono i soloni di tanti altri blog sulla letteratura di genere, ammetto di non considerare l'infodump come un male assoluto. Anzi: tutto sta nel gestirlo in modo fluido. O forse sarà che gli argomenti in cui Michael Travis sfoggia la sua cultura sono talmente interessanti che ho chiuso volentieri un occhio sui patemi stilistici.
L'ultimo Papa parte come un classico giallo ma ben presto diventa un thriller esoterico. L'autore non lascia molto spazio alle scene d'azione, concentrandosi piuttosto sull'indagine e sull'interazione tra personaggi principali e comprimari, dimostrando così di avere un'idea dell'Italia piuttosto stereotipata (come ho già detto, vedi dopo).
I colpi di scena non sempre sono così soprendenti come ci si aspetta, ma nel complesso la storia non ha particolari cali di qualità.
Molto interessante lo scenario in cui agiscono "i cattivi", su cui non posso dire molto senza rischiare spoiler clamorosi. Comunque sappiate che gli Apostoli Neri, una branca spietata dei servizi segrete vaticani, perseguono un fine folle e fumettistico. Tanto improbabile e fantasioso che... mi è piaciuto molto. Amo gli autori che sanno lavorare d'immaginazione, seguendo percorsi coraggiosi e contorti. In questo Travis non fa certo difetto.
In sostanza L'ultimo Papa è un romanzo per molti versi acerbo, ma del tutto godibile.

(Da un articolo del Blog sull'Orlo del Mondo del 31 agosto 2009)

martedì 12 febbraio 2013

Musi Gialli - Cinesi, giapponesi, coreani, vietnamiti e cambogiani: i nuovi mostri del nostro immaginario (di Fabio Giovannini)



Musi Gialli - Cinesi, giapponesi, coreani, vietnamiti e cambogiani: i nuovi mostri del nostro immaginario.

di Fabio Giovannini

Edizioni Stampa Alternativa

320 pagine, 14 euro







Sinossi

Il testo analizza il pregiudizio che tuttora permane verso i “musi gialli” (come venivano chiamati gli orientali in tante pellicole hollywoodiane di guerra, dove John Wayne faceva strage di “formiche” giapponesi o coreane), e lo sviluppo di questo specifico razzismo nel nostro immaginario. In particolare nei romanzi, nel cinema e nel fumetto, da Turandot al Grand Guignol, dove i cinesi sono associati a torture ed efferatezze, da Ming, il nemico giurato di Flash Gordon dalla pelle gialla, ai romanzi su Fu Manchu, “il diabolico cinese” che anticipa il ritratto del cattivo per eccellenza dei nostri anni, Bin Laden. Un pregiudizio che si è alimentato con Pearl Harbor e la Seconda guerra mondiale e poi con i conflitti in Corea,Vietnam e Cambogia, passando attraverso il terrore occidentale per le orde rosse del presidente Mao. Tutta la cultura orientale è stata considerata una minaccia,come dimostrano le polemiche sull’iperviolenza dei film cinesi di kung fu o sui cartoni animati,i fumetti e i giochi elettronici giapponesi che insidierebbero l’infanzia occidentale. Il libro è accompagnato da numerose illustrazioni (foto di film, immagini di fumetti,cartoline razziste del passato).
L’esplosione di interesse per il “fenomeno Cina” non ha ancora suscitato una riflessione sui nostri pregiudizi verso gli orientali. Questo libro offre per la prima volta una panoramica sui razzismi e i luoghi comuni dell’immaginario occidentale e si rivolge a un vasto pubblico di lettori attenti alle dinamiche sociali del nostro tempo o interessati alle moderne forme di comunicazione (narrativa popolare, cinema, fumetto, ecc.).

Commento

Musi Gialli è un ottimo e scorrevole saggio che si occupa senza giri di parole dell'atavica paura degli occidentali nei confronti degli orientali. È dunque un libro che parla di pregiudizi, senza però porsi sulla solita, insopportabile posizione di superiorità morale adottata da molti sociologi.
Dopo un logico e preciso excursus storico-geografico, Fabio Giovannini affronta lo spinoso argomento pescando abbondantemente nel campo letterario-cinematografico che, come il lettore avrà modo di verificare, abbonda di cliché sugli orientali “cattivi e astuti”. Uno su tutti il diabolico dottor Fu-Manchu, personaggio nato dalla penna di Sax Rohmer e poi diventato una nota maschera del grande schermo.
Già da come Fu Manchu viene descritto, Giovannini ravvisa alcuni stereotipi sui cinesi che ancora oggi persistono nell'immaginario collettivo:
“Immaginate una persona, alta, magra e felina, ben messa, con una fronte come quella di Shakespeare e un viso come quello di Satana, un cranio ben rasato e lunghi, magnetici occhi, verdi come quelli di un gatto. Investitelo di tutta l'astuzia crudele dell'intera razza orientale, accumulata in un intelletto gigantesco, con tutte le risorse della scienza passata e presente... Immaginate quest'essere terribile e voi avrete un'immagine mentale del Dott. Fu-Manchu, il pericolo giallo incarnato in un uomo.”

Nei capitolo successivi l'autore esamina altri casi di stereotipi sull'orientale malvagio, sempre pescando dalla cultura popolare. Vengono così elencati alcuni noti asiatici diventati i cattivi per antonomasia di molti film e romanzi, ma si punta l'attenzione anche sull'eterno odio di certi occidentali per i cartoni animati (manga e anime) giapponesi, da sempre ritenuti violenti e depravanti.
Ovviamente non mancano riferimenti ad altri campi culturali, dalla cucina cinese alle campagne propagandistiche americane durante la Seconda Guerra Mondiale, dove il nemico giapponese veniva descritto come un mostro, un animale a malapena umano (a differenza dei tedeschi, tra cui si faceva ben attenzione a sottolineare che i cattivi erano solo i nazisti).

Musi gialli è un saggio molto interessante e di piacevole approccio, ricco di riferimenti al mondo del cinema e della narrativa, nel caso non siate in cerca di una disamina troppo verbosa o tecnica. Indubbiamente consigliato.

venerdì 1 febbraio 2013

The Invasion (di William Meikle)



The Invasion

di William Meikle

Dark Regions Press editore

2.68 euro (versione ebook), 12 euro (brossura)

Lingua: Inglese




Sinossi

Tutto ha inizio con una strana pioggia verde che, ora dopo ora, colpisce buona parte del pianeta. La pioggia sembra avere una forte componente corrosiva, tanto che consuma la carne nel giro di pochi minuti. Eppure non si tratta di acido, bensì di una forma di vita vegetale che germoglia direttamente laddove riesce a bucare l'epidermide umana. Chiunque rimane esposto alla pioggia muore e si trasforma in una sorta di melma brulicante di vita primordiale.
Ma questo è solo l'inizio. Nuovi esseri prendono vita dai depositi di acqua melmosa che per ore si sono formati un po' ovunque. All'inizio si tratta di forme di vita semplici, ma di giorno in giorno assumono una complessità maggiore, finché i superstiti del genere umano si accorgeranno di avere a che fare con una vera e propria invasione su vasta scala...

Commento

Sono incappato in William Meikle, prolifico autore scozzese di fantascienza e horror, nella mia quotidiana ricerca di storie nuove che, a quanto pare, l'editoria italiana sa offrire oramai solo su pochissimi lidi, vere e proprie isole nel mare magnum di omologazione che dilaga.

A vedere la sua foto, Meikle dà l'idea di un simpatico scozzese di mezza età con tanta voglia di raccontare storie divertenti. Nel senso che divertono chi ama i suoi stessi generi, senza doversene vergognare.
The Invasion è una novel a metà tra catastrofismo survivalista e fantascienza pura. Sono chiari gli omaggi a tutto quel filone cinematografico/narrativo che da un paio di secoli ipotizza un'invasione aliena della terra. Da La guerra dei mondi a Il giorno dei Trifidi, passando per ID4 e, soprattutto, attraverso moltissimi B-movie in puro stile anni '50 e '60.
Attenzione però: parlo di suggestioni, non di scopiazzamenti. In realtà l'invasione pianificata da Meikle è originale quel tanto che basta per incuriosire anche il lettore più esperto. Dalla pioggia vegetale agli insetti scavatori nati da essa, man mano viene la voglia di sapere cosa si sarà inventato l'autore per distruggere ancora un po' di quel che rimane della povera razza umana.

Il punto di vista narrativo scelto da Meikle è piuttosto classico: presi un gruppo di sopravvissuti dislocati in una regione abbastanza isolata del Canada, li utilizza per descrivere ciò che sta succedendo su scala mondiale. Le vicissitudini dei protagonisti si alternano infatti ad excursus più ad ampio spettro, grazie ai collegamenti via Internet e ai notiziari in TV, finché essi continuano a esistere. Alle atmosfere catastrofiste si somma la lecita curiosità – che caratterizza gli appassionati di fantascienza old style – di sapere con chi abbiamo a che fare e perché questi alieni, apparentementi privi di emozioni e dalla mentalità da sciame, vogliono distruggerci.

Diciamo subito una cosa: Meikle non è Brian Keene (tanto per fare un nome noto ai lettori dei miei blog). Il suo stile è un po' meno horror e un po' più fantascientifico, forse anche un po' meno d'impatto. Detto ciò, Meikle è molto bravo nella sostanza e discreto nello stile. Non è un autore cerebrale, bensì pratico, concreto. I suoi personaggi si muovono, compiono azioni, sopravvivono, riservando a qualche trafiletto soltanto le riflessioni profonde e le introspezioni. È un male? È un bene? Dipende tutto da che tipo di lettori siete. The Invasion mi ha divertito facendomi pagare un prezzo onesto per farlo. Questo, a volte, basta più di mille giri di parole.

Il blog di William Meikle: http://williammeikle.blogspot.com/