venerdì 23 dicembre 2011

La mezzanotte del secolo (di Samuel Marolla)




La mezzanotte del secolo

di Samuel Marolla

Edizioni XII

320 pagine, 16.50 euro












Sinossi

Milano è una città antica, più dell'impero romano e dei celti che l'hanno fondata, ma è anche moderna, multietnica.
Possono giungervi da lontano storie calde come un pugno di sabbia, possono farvi ritorno individui costretti a guantarsi le mani - con il cuoio, in punta di dita, spinto da unghie nere e affilate.
Uomini armati di oscuri desideri, e di pistole.

Nella Milano odierna, metallica e luminosa, possono risvegliarsi creature sopite da secoli nei loro nidi di tenebra al neon.
Riapriranno gli occhi e si solleveranno, su piedi, su zampe o su ali, allo scoccare della Mezzanotte del Secolo.

Commento

Spero che Samuel non ne avrà se affermo che, dalla prima volta che ho letto qualcosa di suo, ho pensato di aver ritrovato una sorta di gemello sconosciuto perso per una Milano paradimensionale e invisibile.
Le tematiche, lo stile e le storie di Samuel Marolla sono quelle che vorrei scrivere io, se fossi bravo come lui a sintetizzare la paura e l'inquietudine utilizzando l'elemento fantastico in un contesto quanto mai urbano e quotidiano.
Ma io non sono Marolla, però sono un suo fan, tanto che potrei farmi tatuare sul petto, come fanno certi criminali russi, “IO LEGGO SAMUEL MAROLLA”.

La vita degli esordienti di talento è sempre difficile, in qualsiasi campo.
Succede che nessuno li conosce, poi saltano fuori, sfoderano una prestazione da urlo (che sia un libro, un disco, un film, una partita di calcio: non importa) e subito la gente si innamora di loro.
Confermarsi è un altro paio di maniche. Confermarsi è difficile, così come risulta complicato soddisfare le esigenze di questo particolare tipo di pubblico, che di solito riunisce individui particolarmente esigenti, stanchi della mediocrità assoluta e imperante.

Prendiamo uno scrittore come Samuel: talento sopraffino, ma allo stesso tempo penna empatica, che parla al lettore senza quella spocchia insopportabile e odiosa tipica di una certa generazione di scribacchini italiani. Mi riferisco a quelli che scrivono con la puzza sotto il naso, che sventolano la loro cultura facendo intendere “io so cose che voi, pezzenti, nemmeno v'immaginate”.
Mi riferisco ai wu-minghi e a quella generazione lì. Ah, sono cose che non si dicono? Vabbé, ma qui è zona franca, qui c'è libertà di parola.
Dicevamo, dunque: Samuel era fin dall'inizio un predestinato, con tutti i rischi descritti poco sopra. Dopo l'esordio – alla grandissima – con Malarazza, erano in tanti ad attenderlo al varco.
Bene, La Mezzanotte del Secolo non tradisce le attese. Anzi: conferma tutto il bene che si è detto e scritto sull'ottimo autore milanese.
Marolla stringe un patto (diabolico?) che lo lega a Edizioni XII e insieme ci regalano una nuova antologia di racconti del fantastico e dell'orrore. Pare che proprio questo formato medio-breve sia il più congeniale allo scrittore, che evidentemente ha voglia e mezzi per spaziare in vari sottogeneri, senza sfiancarsi su uno soltanto.

Ne La Mezzanotte del Secolo di storie ce ne sono ben nove, alcune abbastanza lunghe da poter essere definite vere e proprie novel. Chi mi segue sa quanto adoro questo formato.

Si parte con “Tenebre al neon”, storia di demoni in forma umana, creature viscide e amorali che abitano una Milano tanto familiare quanto occulta, nutrendosi del dolore e della paura.
Marolla passa poi a “Nuove vite”, racconto ispirato a e da Dino Buzzati. Storia di nostalgia che racconta il trauma del passaggio al mondo degli adulti, in quei trent'anni che per ciascuno di noi rappresentano una sorta di linea di confine tra la vita fatta di amici e compagnie e quella caratterizzata da mogli, mariti e figli. Ma “Nuove Vite” parla di tutto ciò in chiave horror e lo fa davvero bene.
“Il tatuaggio di ghiaccio” parla invece di una creatura antica, forse una ninfa delle acque, forse un fantasma, forse un demone dimensionale, e del suo interagine nel nostro mondo apparentemente razionale e immutabile.
“Una notte al Ghibli” è un racconto che prende spunto dai tanti, veri X-files che ogni comando di Polizia conosce, ma di cui nessuno parla perché, si sa, certe cose non sono vere...
“Il ninja bianco” è una storia breve e struggente di amore, morte e solitudine.
“Insonnia” fa il verso al celebre romanzo di King, Insomnia, solo che lo supera di qualche spanna. Un vecchio pensionato milanese si trova ad affrontare delle creature secolari che abitano il corpo di alcuni giovani teppistelli. Non vi dirò di più...
“Assenza” mi ha invece ricordato alcuni dei migliori episodi de Ai confini della realtà, e mi ha procurato ben più di un brivido (complice il fatto di averlo letto in un treno semivuoto e fermo nel bel mezzo del nulla, tra Milano e il mio paesello).
“Luoghi oscuri” parla di vendetta, di magia del Piccolo Popolo ma anche di stregonerie tzigane.
Infine “Ultima sambuca al Bar dell'Ortica” è una storia che rievoca i tempi a loro modo leggendari della mala milanese, ma lo fa, al solito, in termini... sovrannaturali.

Nove racconti senza cadute e senza delusioni.
I miei preferiti sono senz'altro “Insonnia” e “Tenebre al neon”, ma anche il breve e malinconico ninja bianco ti lascia qualcosa dentro, qualcosa di forte, intendo.

La mezzanotte del secolo è un signor libro, horror/fantastico all'italiana senza prese in giro al lettore e con chiaro amore per il genere e ampia conoscenza del medesimo.
Senza stancarvi con altre inutili parole vi dico soltanto: compratelo.

mercoledì 14 dicembre 2011

Hater (di David Moody)



Hater

di David Moody

Gollancz book

$ 5.60 (paperback) $ 8.34 (Kindle ebook)









Sinossi

Danny McCoyne è un impiegato comunale di una cittadina inglese. Il suo lavoro non gli piace, la famiglia – composta dalla moglie Lizzie e dai tre figli, di cui in età scolastica – lo opprime. Ha un brutto rapporto col suocero Harry, che non l'ha mai apprezzato. Per non parlare delle vessazioni che subisce ogni giorno dalla sua responsabile.
C'è ancora qualcosa che può andare male nella vita di Danny?
A quanto pare sì.
Giorno per giorno in tutto il paese aumentano gli inpiegabili casi di violenza selvaggia che portano a omicidi bestiali ed efferati. La gente sembra impazzire di punto in bianco, senza una ragione apparente. Quelli che sono dapprima casi isolati diventano episodi in crescita esponenziale.
Nel giro di un paio di settimane la crisi, seppur minimizzata dal Governo, è nazionale.
A quel punto Danny McCoyne avrà un preciso obiettivo nella vita: difendere la famiglia.
Sperando che al contempo essa non impazzisca come succede agli Odiatori là fuori...


Commenti

Hater è il primo romanzo di David Moody che leggo.
Da quello che s'intuisce sbirciando il suo sito ufficiale, Moody è uno “zombie guy”, ossia una specie di Brian Keene in versione inglese. Insomma: un autore che basa buona parte della sua carriera su romanzi incentrati su zombie, pandemie e catastrofi globali in salsa horror.
Uno di noi.
La trama di Hater non si discosta molto dai capisaldi del genere. Abbiamo la misteriosa epidemia che pian piano si diffonde in tutto il paese. C'è il governo ottuso che cerca di insabbiare tutto. Ci sono le reazioni più o meno egoiste della gente, che mettono a nudo il lato peggiore dell'essere umano.
Però Moody ha aggiunto quel pizzico di ingredienti bonus che mi hanno fatto apprezzare il suo romanzo più di molti altri.
Innanzittutto il protagonista, Danny McCoyne. Un uomo come tanti, uno sfigato che si trova intrappolato in un lavoro d'ufficio con dei colleghi odiosi, e a casa con dei bambini insopportabili e con una moglie ancora legata al vecchio padre. Danny non è un eroe, non è Superman, non ha particolari pregi, capacità o risorse. È un medio-man a tutti gli effetti.
Trovo apprezzabilissima la scelta di farne il protagonista di una pandemic-apocalypse.

Così come è apprezzabile il crescendo della storia. Le prime 30-40 pagine ci descrivono la vita, noiosa e deprimente, della famiglia McCoyne. Noiosa perché non ha nulla di esaltante: lavoro, casa, spesa, DVD, visita al nonno. Sembra quasi di aver sbagliato romanzo e di aver acquistato il solito mainstream. Proprio per questo quando l'orrore (il perturbante) esplode, colpisce ancor più nel segno. Stupisce e coinvolge. Mica roba che si trova tutti i giorni, in romanzi di questo genere.

Altra nota di merito: non ci sono zombie. Gli odiatori ricordano piuttosto i pazzi de La città verrà distrutta all'alba, almeno in apparenza, ma la causa di questa pandemia di follia rimangono molto sul vago, nonché tratteggiati senza mai abbandonare un'atmosfera di mistero e di giallo. Del resto non sta certo ai McCoyne scoprire perché sta accadendo tutto ciò.
Ai McCoyne tocca solo cercare di sopravvivere.
Anche se c'è un grosso, grosso colpo di scena ad attendere i lettori. Non vi dico quale per non rovinarvi la sorpresa, ma vi assicuro che si tratta di qualcosa di spettacolare. Una trovata che ha sorpreso anche un lettore scafato come me.

Ottimo romanzo. E' il primo di una trilogia, ma può essere letto anche come libro a sé stante.

Hater è stato recentemente pubblicato in Italia da Urania.

venerdì 9 dicembre 2011

Death, il grande momento della tua vita



Death, il grande momento della tua vita

di Neil Gaiman e Chris Bachalo

De Agostini editore

112 pagine, 9.95 euro






Sinossi

Hazel e Foxglove vedono la vita intorno a loro cambiare: la fama, la maternità, il desiderio di nascondere il loro vero io le spnge a non voler continuare con la loro vita, con l'amore, con l'esistenza... Forse l'unico modo per andare avanti è abbracciare Death, la sorella di Morfeo, il re dei Sogni.
Recuperando i personaggi creati su The Sandman, Neil Gaiman ci offre un brillante racconto sulla fugacità dei sogni, sull'impossibilità di amare. Il volume comprende l'episodio di death commemorativo dell'11 settembre, finora inedito.

Commento


Death potrebbe servire da lezione a tutti coloro che ancora pensano al fumetto come a un prodotto di serie B, per ragazzini brufolosi. Leggendolo capirebbero che anche in questo campo si può produrre Arte e offrirla al pubblico.

In mille romanzi, film e fumetti abbiamo visto l'antropomorfizzazione della Morte, ma qui Gaiman riesce a offrircene una versione del tutto originale. Morte è una ragazza giovane e carina, col sorriso sulle labbra e con una grande comprensione per il genere umano. Non è spietata né fredda, bensì consapevole della più grande difficoltà che incontrano i viventi: vivere la propria vita.
Morte incrocia il cammino d'una coppia di donne lesbiche e del loro bambino, il cui respiro si ferma nel sonno. La madre allora si offre al posto del bimbo...
Non abbiate paura: non c'è nessuna storia strappalacrime all'orizzonte, bensì una favola malinconica ma velata di ironia atta a sdrammatizzare i risvolti più cupi della vicenda.
I protagonisti della graphic novel sono tratteggiati con maestria e senza compromessi coi varie stereotipi di facile consumo.
Foxglove è una giovane cantante di successo e con grandi prospettive di successo, ma il prezzo da pagare è il progressivo allontanamento dalla donna che ama, Hazel. Foxglove vive una di un'esistenza fatta di menzogne, nella quale non può dichiarare la sua attrazione per le donne, per non alienarsi le simpatie dei fans. Al contempo però non riesce a rinunciare quella prigione dorata in cui ha trovato soldi, avventure, amanti, fama.
Come già detto, Hazel, la sua donna, vede allontanarsi Foxglove man mano che il suo lavoro, e le sue esigenze di segretezza, le portano via sempre più tempo.
Sarà l'incontro del figlio di Hazel con Morte a dare a entrambe l'ultima possibilità di cambiamento, e a insegnare che troppo spesso noi umani siamo troppo impegnati a fare altro per ricordarci di essere vivi.

In questa storia non ci sono argomenti leggeri o di poco conto: amore, il senso della vita e della morte, il valore del sacrificio, l'amicizia. Sarebbe stato facile scadere nella banalità o nel melenso, invece Gaiman evita tutto questo e ci regala una favola chiaro-scura che è un perfetto esempio di equilibrio narrativo e intrattenimento che procede a braccetto con l'Arte pura.

martedì 6 dicembre 2011

L'anno dei dodici inverni (di Tullio Avoledo)



L'anno dei dodici inverni

di Tullio Avoledo

Einaudi

377 pagine, 19 euro








Sinossi

Gennaio 1982, un vecchio bussa alla porta di casa della famiglia Grandi incantandola con una storia che lo legherà indissolubilmente a loro: sta facendo uno studio sui bambini nati il giorno di Natale nella regione e vuole incontrarli una volta l'anno per seguirne la crescita. Chi è quell'uomo? E, soprattutto, come fa a sapere tante cose sul futuro? In quello stesso 1982 un ragazzo brillante e confuso intraprende la sua strada nel mondo, una strada che presto diverrà un vicolo cieco. Riuscirà a sottrarsi al suo destino? Nel 1997, due donne - la vedova Grandi e sua figlia Chiara, ormai adolescente sono in vacanza in Versilia, ma un incontro imprevisto cambierà per sempre le loro vite. In un prossimo futuro, in una Londra resa irriconoscibile da una guerra, un anziano poeta chiede udienza alla Chiesa della Divina Bomba. Dice di avere una proposta e una richiesta: vuole stringere un patto che può far rivivere, anche se in modo diverso, l'antico mito di Orfeo ed Euridice. Comincia cosi un viaggio incredibile che chiarirà ogni cosa, e dopo il quale niente sarà più lo stesso...


Commento


Che Avoledo sia da anni una delle penne più importanti del nostro paese non lo scopro di certo io. Semmai posso vantarmi di aver letto tutti i suoi libri, quando ancora non era uno scrittore da Einaudi, il salotto buono dell'editoria italiana.

Ora tanti recensori dall'ego lungo da qui a Melbourne ne parleranno come di un autore destinato a entrare nei classici, di quelli su cui magari un domani si sprecheranno quintali di alberi abbattuti per scrivere pomposi saggi autoreferenziali. A me invece piace partire da un presupposto ben diverso.

Tullio Avoledo è l'uomo (l'unico, credo), che ha riportato la fantascienza sugli scaffali più importanti delle librerie italiane. Sì, okay, esistono tante realtà underground che si occupano di questo campo. C'è anche Urania, coi suoi alti e bassi, che non sempre riesce a proporre romanzi decenti (non per colpa dei redattori, ma proprio perché oramai si scrivono pochi romanzi di sci-fi decenti).

Ma Avoledo è diverso. Lui riesce a rifilare la fantascienza sotto il naso di chi mai la leggerebbe volontariamente. Lo fa mascherandola da racconto esistenziale, da classico moderno, perfino da romanzo d'amore.
E, intendiamoci, “L'anno dei dodici inverni” è tutto questo e anche qualcosina di più.

I temi centrali del libro sono due: la storia d'amore di Chiara Grandi ed Emanuele Libonati, e il concetto di viaggio del tempo. Mai obsoleto, sempre affascinante. Chi cerca una bella storia, anche toccante, sarà soddisfatto dalla prima interpretazione del romanzo. Chi invece ama la fantascienza intelligente e pensata, andrà in sollucchero gustandosi le perle centellinate (è la parola giusta) da Avoledo.
L'amore per Philip K. Dick è talmente evidente che lo scrittore friulano s'inventa un futuro prossimo in cui esiste una religione dedicata Dick stesso, ma che mischia anche elementi e suggestioni tratte da un “videogioco del passato”, Fallout 3.

Ma i capitoli riservati al futuro compariranno solo alla fine del libro. Il principio invece è ambientato in un arco di tempo che parte dal 1982 e copre diversi anni, seguendo la nascita, la vita e la morte di Chiara Grandi. Questo, almeno, è ciò che è avvenuto nel passato dell'Universo A. Quel che invece si accinge a fare il protagonista, Emanuele Libonati, è tornare indietro nel tempo e raddrizzare quella singola vita, affinché essa non si autodistrugga. Anche se questo vorrà dire non poterla più conoscere come amante e compagna nel futuro.
Orfeo e Euridice, per l'appunto.

Lo stile di Avoledo è il solito, a cavallo tra il poetico e il concreto. Non c'è nulla, nella sua scrittura, che è messo lì per caso. Anche quando così sembra, non illudetevi: tutto, anche i piccoli dettagli, arrivano prima o poi a confluire nella solida struttura programmata con certosina abilità.

Una lieve caduta di ritmo la si coglie semmai a metà romanzo, quando (ma lo scopriremo poi), assistiamo a come sarà la vita di Chiara Grandi dopo l'intervento retroattivo di Emanuele. Ecco, in quei pochi capitoli si perde un po' di mordente, anche se la qualità rimane ben sopra la media.
Inside joke, citazioni colte e profane (si va dalle poesie ai videogiochi), poesia pura e rare ma azzeccate spruzzate d'ironia completano quello che è romanzo eccellente.

Forse non per tutti, ma eccellente.

venerdì 2 dicembre 2011

Le cronache di Wormwood (di J.Burrows e Garth Ennis)



Le cronache di Wormwood

Di Jacen Burrows e Garth Ennis

BD Edizioni

144 pagine (colori), 13 euro








Sinossi

Danny Wormwood è un uomo di successo, produttore dei programmi più cool e controversi della televisione americana. Ama la sua fidanzata, anche se ogni tanto la tradisce con... Giovanna D’arco. Già, perché Wormwood è l’anticristo, il figlio di Satana destinato a scatenare l’apocalisse. Danny ha comunque piani diversi dal suo illustre genitore, non è minimamente interessato alla fine del mondo e preferisce trascorrere il tempo libero in un pub in compagnia del suo coniglio parlante e della reincarnazione di Gesù Cristo, un attivista di colore reso demente da una manganellata della polizia. Tutto normale, fino a quando un accordo tra il papa e il diavolo mette in moto un inesorabile ingranaggio, che costringerà Wormwood a lottare per sfuggire al proprio destino.


Commento


Un Anticristo che non ha voglia di fare il suo dovere e lavora come produttore televisivo.
Gesù reincarnato in un hippie rasta di colore.
Il Padre Eterno trasformato in un vecchio pazzo ammalato di autoerotismo compulsivo.
Un Papa depravato, alcolizzato e pornodipendente.
Un coniglio parlante che si diverte a insultare i fans di Star Wars sui forum dedicati alla nota saga.
Un barista col pene al posto del naso.
Questi sono alcuni degli elementi de Le cronache di Wormwood, ennesima genialata di Garth Ennis, pubblicata in Italia dai tizi della BD.

Incominciamo a dire che non è un fumetto adatto a tutti. Chi ha una sensibilità delicata su argomenti quali la religione, il sesso e la morale dovrebbe evitarlo come la peste. C'è di che rimanere offesi.

Per tutti gli altri, Wormwood sarà una bella cavalcata nel fantastico più irriverente ed esplicito, ma non privo di spunti filosofici e anche toccanti.

Come riportato nella sinossi, l'Anticristo vive tra noi, ma non ha alcuna intenzione di svolgere il compito per cui suo padre – Satana – l'ha messo al mondo. Anzi, a dirla tutta il nostro Danny Wormwood ha stretto amicizia con quello che in teoria dovrebbe essere il suo più acerrimo nemico, Gesù. I due si trovano abitualmente in un bar di New York per bere insieme e per parlare di quanto sia difficile sfuggire ai ruoli imposti a entrambi dai rispettivi padri.

Ma Satana non ha intenzione di lasciare che questa amicizia contro natura rovini i suoi piani per l'Apocalisse. Per assurdo, il diavolo troverà il suo migliore alleato nelle stanze vaticane, dove si è da poco insediato un Papa australiano che non si fa mancare nessun vizio: sesso con le suore, alcolismo, droga, torpiloquio, profanazione delle reliquie, corruzione.

Il cocktail è esplosivo ed Ennis lo miscela alla grande. Se si superano le prime pagine, un po' ostiche a livello di dialoghi, c'è di tutto per lasciarsi andare a un bel trip di cui rimarrà molto, una volta arrivati alla fine. Sia a livello di divertimento che, perché no, di riflessioni. Si parla del caro, vecchio libero arbitrio, e del concetto di bene e male, con tutte le sfumature che stanno nel mezzo. Ma Ennis lo fa senza predicozzi indigesti e banalità assortite.

Contribuisce alla buon riuscita dell'insieme anche la bravura di Jacen Burrows, autore di disegni validissimi. Il meglio di sé lo dà raffigurando le immagini infernali, roba che perfino Dante non avrebbe avuto l'ardire di immaginare. Memorabile la comparsa di Satana su un'enorme trono mobile caricato sulle spalle dei “defunti Re della terra”: Bush, Pinochet, Saddam, Gorbaciov, Khomeini, la Thatcher e via dicendo. Questa singola tavola da sola varrebbe l'acquisto del volume. Ma per fortuna c'è ben altro.

Non fatevelo mancare.