lunedì 28 novembre 2011

L'alba degli zombie (di D.Arona, S.Pascarella e G.Santoro)




L'alba degli zombie

di D.Arona, S.Pascarella, G.Santoro

Gargoyle Books editore

266 pagine, 17 euro








Sinossi

Il biennio 2011-2012 viene salutato come la nuova stagione dei morti viventi.
Che spetti agli zombie il compito di traghettarci verso l’attesa apocalisse del dicembre 2012?
Di certo nessuno se lo augura sul serio, ma chi, meglio dei non-morti di George Romero, puo' aspirare al titolo poco ambito di 'araldi dello sterminio'?
A piu' di quarant’anni dall'uscita deflagrante del film 'La notte dei morti viventi', opera che costituisce il mito di fondazione dello zombie post-industriale, non si placano le passioni e le 'fameliche' aspettative dei fan. Né diminuiscono film, libri e serie Tv.
Una nuova 'alba degli zombie', sperando non sia l'ultima, sta sorgendo.
La presente opera ambisce a connotarsi come summa sull’esalogia romeriana dei living dead, proponendosi come punto di riferimento per appassionati, ricercatori o semplici curiosi: la storia, dal 1968 a oggi, dei film suddetti e delle innumerevoli ricadute della mitologia dello zombie in campo culturale e cinematografico, mettendo a fuoco l’orizzonte sociopolitico del non-morto e delle sue tante rielaborazioni nella fiction. Una paura che continua a materializzarsi nel luogo classico del trauma collettivo: il cinema.
Accanto ai saggi complementari di Danilo Arona, Selene Pascarella e Giuliano Santoro, un’intervista esclusiva a George Romero a cura di Paolo Zelati.

Commento

Ve l'avevo segnalato qualche settimana fa, ora che l'ho letto posso solo confermare le buone impressioni che vi avevo confidato di primo acchito.
Okay, io sono di parte: vivo di pane e zombie, e in più una grande fetta del saggio in questione è dedicata a George Romero, il mio regista preferito, almeno finché non si rimbecillito del tutto. Metteteci anche che Danilo Arona firma un terzo del libro, e capirete che L'alba degli zombie non poteva non piacermi.
Ribadisco, onde evitare fraintendimenti, che si tratta di un saggio (e non di un romanzo) sul cinema dei morti viventi, da papà George in poi. Non mancano i retroscena sulle sei pellicole della famosa dead saga romeriana, comprendenti curiosità e chicche che nemmeno io conoscevo. Interessantissimo, per esempio, lo script alternativo di Day of the dead, che poi non venne mai utilizzato per limiti di budget. O anche il fatto che Night of the living dead rischiò di essere qualcosa di molto diverso, un b-movie che sarebbe passato probabilmente inosservato, se Romero non si fosse inventato la peculiarità dei ritornanti affamati di carne umana.
Gli autori del libro sono onesti nell'ammettere il dislivello qualitativo tra la prima trilogia del regista di Pittsburgh e la seconda, culminata con l'indecente (ma queste sono parole mie) Survival of the dead. Un film che preferirei non aver mai visto, e invece...

Ottimo anche l'approccio filosofico-sociologico della cinematografia zombesca, tracciato con mano esperta da Giuliano Santoro. Si va dall'epoca preromeriana agli sviluppi del ritornante moderno, oramai tanto diverso da quello degli anni '60. Santoro esamina alcune novità introdotte nell'ultimo decennio, come per esempio la capacità dello zombie di apprendere e parlare, oppure alla mass-mediatizzazione dell'apocalisse.
La terza e ultima parte del saggio esamina ancor più da vicino l'evoluzione dell'archetipo-zombie nel post-romerismo. Selene Pascarella cita film e libri che, di mese in mese, stanno trasformando la figura del morto vivente antropofago in qualcosa di più complesso e forse più spaventoso. Non solo, l'autrice traccia un ottimo quadro protoscientifico su una possibile “vera” zombie apocalypse. Lo fa citando la Bibbia della letteratura ritornante, World War Z, ma anche una serie di studi scientifici che dimostrano la plausibilità – teorica ma non del tutto assurda – di una pandemia non dissimile da quella raccontata nei film di Romero.
Personalmente sono ben felice di aver scoperto l'esistenza della ricerca condotta dal biochimico texano Sean Michael Ragan, Etiology of Romero-Fulci disease: The case of prions, che dimostra quanto siano i prioni a essere il più probabile veicolo di diffusione di una pandemia zombesca (PDF scaricabile qui). Il che, lasciatemelo dire, rispecchia perfettamente lo scenario del Survival Blog e di Scene Selezionate della Pandemia Gialla. Solo che lo studio di Ragan io non lo conoscevo affatto, non ai tempi della stesura del romanzo.
Bizzarro no?

Concludendo, L'alba degli zombie è un ottimo e solido saggio, immancabile per gli appassionati di genere e, perché no, ricco di ottimi spunti per nuove storie sugli zombie, o sulle loro molteplici evoluzioni o trasformazioni.

martedì 22 novembre 2011

Giant Monster (di Steve Niles e Nat Jones)




Giant Monster

di Steve Niles e Nat Jones

Magic Press

96 pagine a colori, 9.50 euro

(recensione inedita)







Sinossi

L'anno è il 2013 e il colonnello Don Maggert è il primo astronauta a compiere un viaggio nello spazio da solo, senza equipaggio d'accompagnamento, né ausiliari. Mentre è il procinto di tornare, in diretta con gli schermi della NASA viene assalito da un parassita che lo trasforma in un mostro carnivoro affamato e inarrestabile. L'esercito è incapace di opporsi e l'unica soluzione sembra un sepolto robot nazista della Seconda Guerra mondiale!!!

Commento

Steve Niles è una delle penne che garantiscono sicurezza, quando si parla di graphic novel.  
In questo caso affronta una storia autoconclusiva, che di per sé è una rarità e un merito, lanciandosi col socio Nat Jones in una trama che garantisce puro divertimento, mischiato a suggestioni intergenere, che pescano dalla fantascienza degli anni '50-'60, ai b-movie horror, spennellando il tutto con un po' di dieselpunk e un pizzico di cospirazionismo.

La storia del colonnello Maggert è semplice e per questo funziona: un astronauta in crisi familiare, viene lanciato nello spazio da solo, o meglio, solo coi suoi pensieri. Un parassita alieno penetra nella nave e lo infetta, trasformandolo in una creatura mostruosa e antropofaga.
Una volta precipitato sulla terra inizia a nutrirsi. Ogni volta che mangia cresce di dimensioni, fino a diventare un gigante invincibile, in procinto di distruggere intere città.
Un generale dell'esercito degli USA ha la bella pensata di rivolgersi a un anziano e geniale scienziato, prigioniero degli States fin dal secondo dopoguerra. Si tratta di una sorta di Tony Stark nazista, che nel frattempo ha perfezionato la creazione di un robot a intelligenza artificiale. Progetto a cui stava lavorando nel 1945, da bambino prodigio, e che avrebbe dovuto garantire la vittoria a Hitler.

La trama è pulp come si intuisce da questo breve sunto.
Maggert è il tipico mostro con vaghe reminiscenze della sua vita da umano. Reminiscenze che però si rivolteranno contro tutti i cliché del genere, con gran godimento del lettore.
Interessante la combine tra il genere Kaiju, termine che indica i mostri giganti a la Godzilla, e quello zombesco/mutante. Taggart è infatti un mutante antropofago, solo che le sue dimensioni crescono fino a diventare quelle di un grattacielo!

Ci sono alcune scene che rimangono impresse, come per esempio il ritorno della cosa-Taggart sulla terra, nel bel mezzo dell'oceano, dove si trova impegnato in un'epocale lotta con un nutritissimo branco di squali.

La resa grafica di Jones e Niles è molto buona. Giant Monster è una graphic novel decisamente colorata, sanguigna, con disegni nitidi, chiari, gradevoli. C'è spazio per lo splatter e per il pulp. Non manca una vena ironica, né un finale che, oltre a essere definitivo, soddisferà i lettori poco propensi alle trovate hollywoodiane degli ultimi anni, riassumibili con lo stucchevole motto “in fondo in fondo siamo tutti buoni”.

Una buona lettura che dà quel che promette.

giovedì 17 novembre 2011

La porta di Atlantide (di Giulio Leoni)







 La porta di Atlantide

Giulio Leoni

Mondadori Editore

432 pagine, 19,90 euro

(recensione inedita)



Sinossi


Vanja è bellissima. Alta come una modella, lo sguardo di ghiaccio e i lunghi capelli completamente bianchi... il suo fascino enigmatico spicca nella sala semivuota dove è in corso una conferenza sulla leggendaria isola di Atlantide. Ovvio che la noti uno scrittore di romanzi gialli, tanto sembra fuori posto in quel luogo. Come è insolito il mestiere che si è scelta in Italia: la dama di compagnia. E le sorprese sono appena cominciate: poche ore dopo l'incontro alla conferenza, muore in circostanze sospette l'anziana signora che Vanja assisteva, una donna che è stata un tempo una famosa veggente, e che porta con sé il segreto delle sue visioni. Tra cui forse proprio la chiave che apre la porta dell'isola perduta. Affascinato dalla giovane slava, il protagonista inizia una personale indagine. Ma presto viene travolto da un turbine di indizi e prove che assumono una luce ancor più sinistra in presenza di nuovi omicidi. Una trama in cui nulla sembra avere senso, e in cui compaiono via via fatti e personaggi sempre più strani. Nulla, se non appunto le tracce appena visibili di quella antica terra, Atlantide, e del mistero della sua scomparsa. Perché è da quella remota tragedia che tutto ha avuto origine. Lo crede disperatamente Vanja, custode di un segreto inconfessabile che si è portata dentro dalla nascita. E comincerà a crederlo anche il protagonista, sempre più sconcertato da quello che va scoprendo: Atlantide è davvero esistita, le sue rovine attendono qualcuno che le riporti alla luce con il loro segreto.

Commento


Raramente recensisco materiale pubblicato da Mondadori, casa editrice di cui non condivido il 90% delle strategie editoriali. Faccio volentieri eccezione per i titoli veramente meritevoli, come accade per Giulio Leoni, ottimo autore che mi è piaciuto in quasi tutto il suo materiale che mi è capitato in mano.
La porta di Atlantide è un thriller velato di soprannaturale e con alcune connotazione da spy-story. C'è quindi un'abbondanza di suggestioni e generi che, se amalgamati da uno scrittore meno esperto, andrebbero a comporre un improbabile pasticcio. Per nostra fortuna Leoni è invece una penna esperta e piacevole da leggere, al di là della storia che di volta in volta decide di narrare.
E questa volta si tratta di una storia che senz'altro ha tutto il potenziale per piacere al sottoscritto: civiltà perdute, fantarcheologia, nazismo esoterico, donne misteriose... Il tutto senza quasi mai muoversi dal contesto urbano di una Roma livida e in cui s'intrecciano le vicende dei due protagonisti principali.
Atlantide, il leggendario continente fantasma, fa da sfondo a un'indagine nata in modo casuale, in cui uno scrittore (alter-ego di Leoni?) si trova coinvolto in una brutta faccenda di omicidi correlati a una medium e spionaggio industriale di altissimo livello.
L'autore è ottimo nel tracciare una trama portante, in cui si sviluppano diverse storie corollarie, molte delle quali hanno solo in parte a che fare con la ricerca di Atlantide, ma che sono perfette nel disegnare un quadro d'insieme ricco di spunti e di rigorosità logica. Come al solito Leoni si dimostra bravissimo nell'inserire riferimenti storici precisi, che vanno dal processo a Galileo ad alcune ricerche occultistiche delle SS prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il pregio del romanzo, che però per molti sarà anche un limite, è quello di non spingersi mai con entrambe i piedi oltre a quella sottile linea che separa la realtà e il fantastico. O meglio: il lettore viene indotto a credere che certi elementi narrati trascendano le spiegazioni razionali, salvo che poi quasi tutto sembra man mano rientrare, lasciando la storia più sui binari del thriller che non altrove.
Da qualunque parte lo si guardi La porte di Atlantide è comunque un libro solido, piacevole e scritto come Dio comanda.
Visto lo stile brioso e ironico di Leoni azzardo col dire che dovrebbe piacere anche a chi non ama il genere (un po' come succede per i romanzi di Tullio Avoledo).
Promosso senza particolari riserve.

lunedì 14 novembre 2011

La materia oscura (di Michelle Paver)



La materia oscura

di Michelle Paver

Giano Editore

288 pagine, 16.50 euro

(recensione del 20/07/2011)



Sinossi


Gennaio 1937. Su Londra soffiano già i venti della guerra che scoppierà meno di tre anni dopo. Jack Miller ha 28 anni e una laurea in fisica, ma è oppresso dalla mancanza di denaro, vittima di un carattere inquieto e solitario e deciso a cambiare completamente la sua vita. Così, quando gli viene offerta la possibilità di lavorare come operatore radio in una spedizione nell'Artico, accetta senza indugi.

La nave salpa dalla Norvegia con destinazione Gruhuken, un'isola disabitata nell'arcipelago delle Svalbard: quattro uomini e 8 cani husky vanno incontro entusiasti al Mare di Barents sotto la luce del sole di mezzanotte.

Jack non socializza con i compagni, degli snob inglesi spinti soltanto dalle chimere dell'avventura; e in più detesta i cani. Ma non ha nemmeno il tempo per simili riflessioni, poiché il viaggio si rivela fin da subito sovrastato da cattivi auspici: uno dei partecipanti si rompe una gamba cadendo sulla nave ed è costretto a lasciare la spedizione e ritornare in patria. E quando finalmente la spedizione raggiunge la baia dove gli uomini dovranno accamparsi per un intero anno, i due compagni rimasti vengono colpiti da malattie e sono costretti ad abbandonare anch'essi l'isola e tornare alla civiltà. Rimasto solo, Jack potrebbe decidere di partire anche lui, ma sceglie di rimanere, per non vanificare gli scopi scientifici della spedizione.

Solo nella distesa artica, al buio dell'interminabile notte polare, durante la quale nessuno può lasciare o raggiungere l'arcipelago, Jack trascorre i primi giorni determinato a portare a termine quello per cui è partito.

All'inizio sono solo vaghe sensazioni, fruscii che arrivano in maniera quasi impercettibile all'udito, macchie che balenano davanti agli occhi. Poi non appena il buio si fa più fitto, i fruscii diventano voci distinte e le macchie si mutano in ombre dai contorni netti. Allucinazioni? Brutti scherzi di una prolungata solitudine? Fantasmi prodotti dalla mente? Oppure l'isola è sotto la minaccia di una Materia Oscura? Un'Entità terribile e vendicativa?


Commento


Ottimo.
Questo romanzo è ottimo.

La materia oscura, pescato a caso e opera di un'autrice a me sconosciuta, si è rivelata una delle migliori letture degli ultimi mesi. Un ritorno alle storie di avventura e di orrore, alla atmosfere delle ghost story dei bei tempi, aggiornate però a un linguaggio scorrevole, moderno e non pomposo (per quanto affascinante, si capisce) dei grandi vecchi, Poe e Lovecraft in primis.

Michelle Paver si affida a un genere consolidato, rafforzando quella che è una mia convinzione da lungo tempo: l'originalità non è un elemento essenziale per produrre buona narrativa. Le sono preferibili doti quali lo stile, la padronanza della lingua, lo sviluppo dei personaggi e dell'intreccio.

Di certo La materia oscura parte da due privilegiati punti fermi: le atmosfere retrò (siamo nel 1937) e l'ambientazione artica, che rieccheggia sempre di capolavori quali The Thing e At the mountains of madness. Giusto per non sbagliare l'autrice ci infila anche qualche vago richiamo a Il richiamo della foresta e il gioco è fatto.

Il romanzo parte dai presupposti tipici delle storie d'avventura old style, salvo poi ripiegare sull'horror psicologico, giocando sul sottile filo tra pazzia umana, dovuta alla solitudine e a una mente complessa e al contempo fragile (quella del protagonista, Jack Miller) e svolta soprannaturale della storia. Alla fine l'autrice ci dà tutti gli elementi per optare per questa seconda spiegazione, anche se in fondo in fondo rimane sempre qualche perplessità riguardo alla reale natura dell'essere che infesta l'ex stazione mineraria di Gruhuken.


Tutto ciò che sta nel mezzo è godibilissimo. La Paver è abile nel descrivere il senso di solitudine, unito a quello di inquietante bellezza, che un luogo remoto e “alieno” come l'Artico evocare nella mente di qualsiasi uomo. Poi, quando inizia il sottile e perfetto cambio di registro, dall'avventuroso all'orrorifico, l'autrice riesce a trasformare ogni ombra nel sospetto di una presenza spettrale, ogni rumore in un brivido, ogni piccolo incidente nel sospetto di qualcosa che si muove nell'oscurità.

Ovviamente il meglio del meglio inizia quando Jack rimane isolato per settimane nella stazione di Gruhuken. Il nostro “eroe” è combattuto tra la voglia di filarsela via da un posto che sembra sempre meno ospitale e tra la volontà di dimostrare al suo nuovo amico Gus, ricoverato nel più vicino presidio medico a causa di un'appendicite, di meritarsi la sua stima. È proprio il rapporto strano, in parte morboso, che Jack nutre per Gus a spingerlo a sfidare i misteri di Gruhuken e gli spettri che (probabilmente) abitano quel luogo.

Ottima anche la costruzione psicologica del protagonista che, narrando in forma diaristica, non ci risparmia nulla della sua attrazione crescente per Gus e quindi della sua antipatia per il terzo membro della spedizione, che pure non ha né colpe né meriti particolari nella vicenda, se non quello di fungere appunto da “incomodo”.

Ma le elucubrazioni umane e sentimentali di Jack Miller vengono presto annichilite quando entra in gioco la Materia Oscura che abita quel remoto angolo dell'Artico. Da lì in poi è solo terrore, giù giù fino al tragico e malinconico finale.

lunedì 7 novembre 2011

Impaler (di Nick Postic e William Harms)



Impaler

Di Nick Postic e William Harms

Image publisher

Volume Uno a 11.99 dollari (In lingua originale); 160 pagine a colori

(recensione inedita)



Sinossi


Una delle peggiori tempeste di neve di sempre si sta per abbattere su New York. Ma essa si rivelerà essere il minore dei problemi per gli abitanti della Grande Mela. Da un misterioso cargo mercantile arrivato in città sono infatti pronti a scatenarsi della creature diaboliche che escono dai peggiori incubi del folklore: i vampiri. Il loro numero è destinato a crescere in modo esponenziale, notte dopo notte, finché New York sarà sottoposta a un vero e proprio assedio. L'unica speranza dei cittadini destinati a fungere da armenti sembra essere riposta in un elemento dalla fama sinistra, che sbuca dal passato remoto dell'Europa medioevale: Vlad l'Impalatore...


Commento


Da tempo porto avanti una campagna silenziosa atta a rivalutare la dignità vampiresca compromessa dalla moda emo dilagante negli ultimi anni.

Film, libri e fumetti che raccontano storie di succhiasangue “old style”, cattivi e incazzati, saranno sempre bene accetti su queste pagine e non mi stancherò di parlarne.

Impaler rientra in questa categoria. Premetto che si tratta di un fumetto in lingua inglese, non ancora arrivato in Italia. Se l'ho scoperto e letto, è grazie alla già citata applicazione Comixology per Ipad. Tuttavia il volume 1 di Impaler (attualmente ne sono stati pubblicati due) è disponibile anche in versione cartacea soli dodici dollari. Trattasi di ben 160 pagine fitte fitte, un bel librone.

Se avete letto la sinossi, potete intuire che non ci troviamo davanti a una storia rivoluzionaria o di chissà quale genio creativo finora inespresso. L'idea dei vampiri che invadono una moderna città occidentale - New York poi! - è perfino abusata. Ma resta pur sempre molto suggestiva. Del resto il genere horror “d'assedio” è uno dei più affascinanti, e i vampiri sono sempre mostri che hanno la loro presa su una grande fretta di pubblico.

Perciò, sì, l'idea di base di Impaler è questa: la Grande Mela viene assalita dai nosferatu, che fanno una strage senza precedenti, aiutati tra l'altro dalla tempesta di neve che isola la città. Un drappello di sopravvissuti tenterà di combatterli e, in loro inaspettato soccorso arriverà nientemeno che Vlad l'Impalatore, deciso a fare strage dei suoi simili per motivi che comprenderemo man mano.

Okay questo è un elemento originale, ammettetelo.

Anche i vampiri inventati dal duo Postic-Harms sono originali. Si tratta di creature solo in parte corporee, capaci di passare da uno stato fumoso a quello materiale, e di farlo a loro piacimento. Tra l'altro hanno una mente ad alveare: ciò che uno di loro sa, viene trasmesso anche al resto del branco. La loro sete è inestinguibile e se ne fregano bellamente di croci, paletti e acqua santa. La luce solare li può distruggere, e così anche un colpo alla testa, quando sono nella loro forma solida. Nella forma di ombra invece possono essere feriti solo da un'arma forgiata nel ferro non trattato (vecchio rimedio tramandato dalla stregoneria per uccidere gli esseri fatati). E, guardacaso, la spada di Vlad è proprio in cold iron.

Impaler è una serie che funziona: non troppo lunga, piena di suspance, di mistero e di combattimenti, disegnata come un noir. Mettiamoci anche un finale, quello del volume 1, davvero bello e drammatico, ed ecco che avete una graphic novel coi controcosi.

Che, lo ripeto, in Italia non è ancora arrivata. Dal 2006 eh, mica da ieri.

giovedì 3 novembre 2011

2012 - L'ultimo grido del Mondo (di Matteo Poropat)




2012 – L'ultimo grido del Mondo

di Matteo Poropat

Ebook autoprodotto

(recensione inedita)







Sinossi

Per Sebastian Shaw, presentatore televisivo ormai di fama mondiale, il futuro non potrebbe essere più buio. Un’accusa per molestie sessuali. Orribili incubi che lo tormentano. Quel senso di predestinazione, che sembra deciso ad accompagnarlo verso l’anno a venire, il 2012, e a una nuova puntata della sua trasmissione. Dove la sua vita, come quella del mondo intero, potrebbe concludersi con un ultimo, terribile grido.

Commento

L'ultima novel di Matteo Poropat, vera e propria autorità per quel che riguarda l'impaginazione di ebook e l'evoluzione dell'editoria digitale italiana, è una lieta sorpresa nel campo delle autoproduzioni nostrane.
2012 – L'ultimo grido del Mondo, è un racconto apocalittico sulla falsariga di un lovecraftismo moderno, calato cioè (come il titolo fa intendendere) in un contesto contemporaneo, senza barocchismi o scimmiottamenti dello stile del comunque amato HPL.
Il protagonista della novel, Sebastian Shaw, è un anchorman di successo, una vera e propria celebrità catodica. In un 2012 che sembra inizialmente lontano dalle stravanti apocalissi predette dai Maya Shaw si trova incastrato in un'accusa che potrebbe rovinargli la carriera. L'unico modo per farla franca è accondiscendere alla richiesta dei tre direttori esecutivi della sua emittente, che gli chiedono di dar spazio a un inquietante telepredicatore appartenente a una misconosciuta Chiesa...

2012 è dunque un racconto catastrofico che narra i fatti – o più precisamente la cospirazione – che portano alla suddetta catastrofe. Bella l'idea della fine del mondo gestita da una potente emittente televisiva e non dai soliti militari, servizi segreti deviati o terroristi fanatici. I tre membri del CDA che ordiscono il piano per incastrare Shaw sono dei personaggi piuttosto riusciti, giusto punto d'equilibrio tra i classici cultisti a la Lovecraft e i più classici e biechi dirigenti televisivi (almeno, per come li immaginiamo noi semplici mortali).
Ottimi i siparietti di contorno alla narrazione principale, in cui seguiamo alcuni telespettatori che, loro malgrado, verranno condizionati dall'ultima trasmissione condotta da Sebastian Shaw. Forse avrebbero meritato più spazio, visto che c'erano tutti i presupposti per farlo.

Il finale, su cui non spoilererò per non rovinarvi la sorpresa, è molto azzeccato e originale al punto giusto, ossia senza voler strafare e al contempo senza scadere nel dejà vu più banale.

In sostanza 2012 – L'ultimo grido del mondo è una novel godibile e ben scritta, che non persegue nessun obiettivo se non quello di intrattenere il lettore, riuscendoci. Pregevole, a mio parere, il citazionismo e le atmosfere lovecraftiane, senza però scadere nella tentazione di clonare per l'ennesima volta frasi ed espressioni del Solitario di Providence.
Una cosa su cui dissento è la scelta del titolo: quel 2012 era francamente evitabile. Tuttavia, si sa, farà molto gola ai motori di ricerca ;-)

martedì 1 novembre 2011

I tre giorni all'inferno di Enrico Bonetti, cronista padano (di Valter Binaghi)


I tre giorni all'inferno di Enrico Bonetti, cronista padano

di Valter Binaghi

Editore: Sironi

Pag. 416, Euro 17.00

(Recensione del 17 febbraio 2008, riveduta e corretta)


Sinossi


«Ricorda quello che diceva Baudelaire, che aveva una certa esperienza in materia: il capolavoro di Satana è convincerci che non esiste.»

Cosa accade quando le trasgressioni di un gruppo di giovani satanisti si saldano – tra omicidi, rapimenti e traffico d’organi – alle trame di misteriosi circoli esoterici e di laboratori di ricerca coperti da segreto militare?

Enrico Bonetti, cronista di nera in un giornale di provincia, si trova suo malgrado coinvolto in una catena di delitti terribili che aprono scenari insospettabili. Con l’aiuto di un maresciallo dei carabinieri e di un frate davvero fuori dal comune (esorcista e pirata informatico) proverà a combattere il disegno criminale. Sorretto da una trama tanto complessa quanto ben congegnata e sospinto da una potente forza narrativa, questo romanzo inquietante e politicamente scorretto conduce il lettore nel cuore dello scontro eterno tra Bene e Male.


Commento


Valter Binaghi è un autore che seguo fin dai primi libri, colpevolmente passati un po' in sordita ma già molto interessanti. Con piena fiducia mi sono quindi avvicinato a questo romanzo dal titolo bizzarro e dalla mole corposa e invitante.


Così scrivevo tre anni fa. Da allora mi è capitato di rimettere mano a I tre giorni all'inferno e di averlo trovato evocativo quanto e più di allora.


Non posso far altro che confermare che ci troviamo davanti a uno dei migliori romanzi italiani degli ultimi anni, sorprendentemente in grado di soddisfare più generi di lettori. Non è infatti semplice classificare questo libro. In parte è un thriller, in parte siamo davanti a una sorta di saggio di fantascienza sociale. Spesso sembra di avere in mano uno dei migliori romanzi di Avoledo (e in questo libro a volte Binaghi rischia anche di superarlo...). Non mancano spruzzate di ironia e passaggi che occhieggiano a tematiche classiche dell'horror di qualità.


Non è però un gran calderone, bensì un armonioso lavoro in cui quasi tutto s'incastra alla perfezione, compresa una meticolosa opera di documentazione che è evidente in molti passaggi del libro.

Una delle qualità migliori di Binaghi è quella di far riflettere il lettore utilizzando una letteratura di genere, d'intrattenimento. In questo romanzo, per esempio, sono molto evidenti le "accuse" contro un sistema (quello moderno), in cui a farla franca sono i prevaricatori, i potenti, coloro che possono compiere piccoli/grandi abusi quotidiani sapendo di cavarsela sempre grazie a denaro e influenza politico-economica.

Ne I tre giorni all'inferno l'indagine sul marciume di questo Sistema non parte però da grandi fatti di cronaca internazionale, come avviene invece per molti thrilleristi americani, bensì da piccoli avvenimenti di cronaca locale. Da qui il protagonista, un umanissimo (nel bene e nel male) Enrico Bonetti, riesce a intravedere pian piano sempre più in profondità l'elaboratezza di un Male che tutto permea e che si ammanta di esoterismo solo per nascondere intrallazzi e giochi di potere molto più terreni e concreti.


Binaghi prende il lettore per i capelli e lo costringe a cacciare il naso nel marciume che ci circonda, e che va dalle piccole schifezze combinate dall'assessore locale, passando per una setta di metallari che "gioca" al satanismo (vi ricorda qualcosa?) a bande criminali che sfruttano la prostituzione, fino ad arrivare a chi pianifica un futuro da incubo, giocando a "fare Dio", con ricerche scientifiche a cavallo tra genialità e abominio.

L'autore è dunque molto concreto, doloroso nel volerci mostrare quanto a fondo il nostro mondo si è lasciato corrompere e tradire. Impossibile non notare gli scossoni che Binaghi dà a ciascuno di noi, sottolineando più volte come sia stato facile da parte del sistema rincoglionirci attraverso la televisione di bassa lega (del resto il mefistofelico dottor Goebbels fu il primo a capire la potenza di questo mezzo), ma anche con internet, traboccante di insidie e schifezze.


I personaggi di Binaghi sono altrettanto credibili, ben caratterizzati e mai stereotipati. Questo, in particolare, è un pregio di cui pochissimi scrittori possono vantarsi. Partendo da Enrico Bonetti, cronista curioso e intelligente, ma non certo privo di difetti e contraddizioni, passando per Frate Remigio, personaggio di molta luce ma anche con qualche ombra, fino ad arrivare a Ljanka, prostituta ma al contempo rappresentante quasi "virginale" di quel Bene innocente e minacciato che Binaghi tratteggia con mano poeticamente noir.

Chi sta invece dalla parte del Male, spesso non si accorge nemmeno dell'ingranaggio oscuro di cui è complice. Ed è proprio qui la chiave della sempre più probabile vittoria di quest'ultimo sulla sua controparte luminosa: la banalità, l'irresponsabilità e l'egoismo, tutte compenenti essenziali per far funzionare un Sistema basato sullo sfruttamento di innocenti, indifesi e degli inconsapevoli.

Un romanzo godibilissimo, ma che non si può leggere a cuor leggero, facendo finta di niente e accontentandoci nel dire che comunque "è tutta fiction". Perchè, questa volta, probabilmente non lo è.